Progetto diocesano di animazione della pastorale missionaria

Premesse

a) Il “Progetto diocesano di animazione della pastorale missionaria” va visto come una meta cui tendere, non come una fotografia dell’esistente.
Siamo ben coscienti che quanto viene descritto di seguito non esiste, se non in parte, nelle zone della nostra diocesi. Il progetto vuole però illustrare sia l’obiettivo (anch’esso provvisorio e rivedibile) verso cui muoversi, sia le modalità per arrivarci.

b) Ciò su cui più si insiste nel progetto è la “struttura”, cioè gli organismi della pastorale (Commissioni Zonali, Animatori, Referenti…). Ciò può dare, e di fatto ha dato, una impressione di pesantezza e di aridità. Ma la struttura è ciò che permette all’intero edificio di reggersi, e ci pare quindi indispensabile preoccuparci anche di essa. I contenuti e i rapporti personali non vanno certo in secondo piano, anzi, conservano la priorità in ogni azione pastorale, quindi anche in quella missionaria. Ma possono avere continuità nel tempo solo se supportati da una solida struttura. Questa poi, per non diventare una gabbia che imprigiona, dovrà ovviamente essere sufficientemente flessibile per adattarsi alle diverse situazioni delle singole zone.

c) Quanto segue riguarda l’animazione dei gruppi, delle associazioni, delle commissioni a carattere missionario, non quindi la pastorale missionaria in genere. Sappiamo bene infatti che tutta la pastorale è missionaria e che c’è una missionarietà sul territorio che deve sempre più essere dinamizzata e verso la quale occorre attrezzarsi maggiormente. Uno dei compiti, forse quello prioritario, dei gruppi che si interessano dell’“ad gentes” è quello di offrire stimoli e provocazioni a riguardo di questo rinnovamento missionario della pastorale.
Sarebbe però un errore e un impoverimento affermare che “tutto è missionario” quindi “non esiste più uno specifico missionario”. Sarebbe come affermare che “visto che la frontiera della missione s’è spostata dentro le nostre comunità, non occorre più investire energie e risorse per la missione in terre e culture lontane”. La Redentoris Missio di Giovanni Paolo II dice esattamente il contrario.

d) È importante sottolineare, soprattutto nella presentazione del progetto, come lo scopo dello stesso non sia quello di imbrigliare le iniziative delle singole associazioni, gruppi o commissioni e loro creatività. Chi lavora, magari da anni, per le missioni, ha una sua storia, delle sue caratteristiche, con linguaggio biblico diremmo un suo “carisma”, che deve essere rispettato e valorizzato. Questo progetto vuole casomai offrire degli stimoli ulteriori, soprattutto in vista della formazione, della conoscenza reciproca, della collaborazione e del coordinamento delle varie forze missionarie che operano nelle parrocchie, nelle zone, nella diocesi.