2020 06 La Repubblica CENTRAFRICANA alle prese con COVID 19

La repubblica centroafricana come tutto il resto del mondo non è risparmiata dal contagio del virus COVID 19. Siamo ad oggi 5 giugno 2020 a quota circa mille e trecento contagi ufficiali. Un numero abbastanza esiguo rispetto al resto dei paesi sia africani sia di altri continenti. Ciò che fa particolare il caso dell’Africa e specie della repubblica centroafricana è il modo in cui la pandemia viene affrontata, sia a livello ufficiale sia a livello di coscienza della popolazione. I primi casi sono stati registrati intorno alla metà di maggio. Il centroafrica è un paese isolato, non ha sbocchi sul mare e Il virus è stato introdotto nel nostro paese dai camionisti trasportatori provenienti dal Cameroon. Questi giunti a destinazione a Bangui la capitale prendevano alloggio nei quartieri e di là ha avuto inizio la diffusione. Nello stesso tempo il governo si è messo in funzione: L’OMS e il ministero della sanità ha stilato un programma con relative barriere di protezione, tra cui un controllo più stretto alle frontiere, chiusura delle chiese e dei luoghi di ritrovo pubblici, così come delle scuole. Test di controllo vengono effettuati all’entrata della capitale. L’unico centro abilitato per le analisi dei test è l’”Institut Pasteur” della capitale. Le attività commerciali non si svolgono solo nella capitale ma anche nelle città principale del paese. I controlli alle frontiere non sono molto stretti e facilmente evitabili. Oltre agli autisti dei camion, un gran numero di camioncini, auto e moto passano la frontiera col Cameroon, e questi evitano facilmente la zona dei test passando per stradine e viuzze secondarie. Fatto sta che il programma di chiusura delle frontiere non ha dato i frutti sperati. I camion trasportatori per raggiungere Bangui devono percorrere circa seicento chilometri, passando per cittadine e villaggi. Il percorso dura diversi giorni visto anche lo stato delle strade. Questo fatto ha reso la divulgazione del virus in molte zone. Altro fattore che ha favorito la divulgazione è il modo in cui vengono effettuati i test. Una volta fatto il test, la persona dopo aver lasciato un recapito torna alla sua casa, alle sue relazioni, al suo lavoro e dopo ventun giorni se è positivo gli viene segnalato e dovrebbe recarsi all’Institut Pasteur”, unico centro riconosciuto che si trova nella capitale. Immaginiamoci come sia possibile per una persona che ha i sintomi o è positiva al test percorrere fino a seicento chilometri per curarsi. Nel frattempo il ministero della sanità continua a diramare comunicati di allarme tramite le onde radio nazionali. La popolazione come ha preso la questione del visus? Le notizie di quanto succede nel mondo sulla pandemia del COVID 19 giungono via radio e televisione anche qui. Le notizie di infettati e morti relative ai paesi vicini, dell’Africa e dei paesi più toccati dal virus, compresa l’Italia sono conosciute anche qui. Contrariamente a quanto succede in altri paesi però in pratica la vita sociale non ha subito nessuna variazione; questo per differenti fattori. Di fatto non c’è nessun distanziamento, i mercati piccoli e grandi sono sempre rimasti aperti, di mascherine nemmeno parlarne. Qui il ritmo della vita sociale ed economica è particolare; per la stragrande maggioranza della popolazione è necessario recarsi al mercato dei quartieri superaffollati e acquistare o vendere giornalmente la poca quantità di prodotti agricoli provenienti dai campi o da portare a casa da cucinare. Inoltre la giornata non si passa all’interno delle case, ma all’aperto, nelle strade, nei mercati. Inoltre nei quartieri, praticamente in ogni cortile si sono sviluppati dei medicinali preventivi fai da te, a base di erbe, scorza di alberi, radici e foglie particolari. La maggior parte della popolazione assume questi intrugli quasi quotidianamente e si sente al sicuro. Le direttive del governo in vista di una limitazione della propagazione del virus non hanno ottenuto nessun impatto. Durante i primi periodi sono state dislocate delle pattuglie della polizia nei posti di assembramento, ma impossibile di fare alla situazione: spesso i poliziotti sono stati insultati, a volte malmenati. Anche per quanto riguarda i casi positivi registrati non c’è pressoché assistenza, la maggior parte non si reca all’ospedale perché benché in teoria le cure sono gratis di fatto non è così inoltre è la famiglia che deve prendersi cura di tutto compreso il nutrimento. Lo stato si è mostrato non all’altezza della situazione, benché degli aiuti siano stati inviati da varie parti. A tutto ciò si aggiunge l’opinione diffusa tra la gente che sia tutta una messa in scena da parte dello stato per ottenere finanziamenti che non arrivano alla popolazione e l’opposizione del governo si è fatta paladina di questa posizione e l’ha divulgata tra la popolazione. È difficile quindi in questo momento fare delle attività di prevenzione. Il numero ufficiale dei positivi al virus risulta molto ridotto (2300), cosi come dei decessi (4), ma anche dei guariti (28); ma queste cifre sono reali? In una situazione di mancanza di strumenti e strategie di controllo e dove la gente si reca all’ospedale solo quando vede che non ha altra possibilità è impossibile dirlo. Lo stato trovandosi in questa situazione si è rivolta alle chiese, le quali vivono nei quartieri, la chiesa è la popolazione, quindi dovrebbe aver un impatto maggiore e godere di maggior fiducia sulla gente. Di fatto però non dà alcun mezzo per sensibilizzare. La Caritas ha avuto degli aiuti da parte della Caritas internazionale in vista di una sensibilizzazione per la prevenzione: condizioni igieniche, confezionamento di mascherine. In questo periodo siamo nella fase della formazione dei volontari delle Caritas parrocchiali. In Africa, come da molte altre parti, più che i dati scientifici e le pianificazioni perfette, ciò che conta ed ha maggior impatto sulle popolazioni è il rapporto di fiducia. La chiesa gode della fiducia della popolazione e il governo lo sa, per questo si è rivolta a lei e in odo molto soft le chiede di togliergli le castagne dal fuoco. Mentre diverse parti del mondo sembrano andare verso l’uscita del tunnel, qui pare che siamo solo agli inizi.

Bangui 5 giugno 2020    padre Beniamino Gusmeroli – missionario Betharramita