1 novembre 2006, Mogodé – Mokolo CAMERUN Fidei Donum italiani in Africa al Convegno di Nairobi

L’Ufficio Nazionale per la Cooperazione fra le Chiese e il C.U.M. di Verona – organi della C.E.I. – hanno organizzato, dal 06 al 10 novembre scorsi, il Convegno dei Fidei Donum (FD) italiani in Africa. L’occasione del convenire è il prossimo 50° dell’Enciclica di Pio XII “Fidei Donum” appunto (1957-2007). Già prima di noi si sono riuniti i FD italiani in America e in Asia. In Italia si sono già incontrati, lo scorso anno, i preti FD rientrati e a dicembre, si incontreranno a Rimini invece i FD laici rientrati.
Al Centro di spiritualità “Tabor Hill”, a 300 Km a nord di Nairobi, ci siamo ritrovati in 136 da 17 paesi  e da 42 diocesi italiane. E’ stato un bel convenire.
E’ stata l’occasione per un ritrovarsi in amicizia, per un’arricchente scambio di esperienze, per nuove conoscenze, per un po’ di riposo o almeno per un ‘cambio d’aria’, per un aggiornamento, per un rimotivare la scelta, per vedere un altro paese. E’ stata un’esperienza di Chiesa: coppie di sposi, famiglie, consacrati/e, cristiani volontari, preti. Persone in Africa da 40 anni e appena arrivati. Alcuni ormai prossimi a rientrare e altri a metà di un cammino o di un progetto non ancora ben definito.
L’esperienza dei FD nasce con l’Enciclica di Papa Pio XII dell’aprile 1957 (i nn.28-29 hanno fatto storia!) che incoraggia l’esperienza “di alcuni vescovi che autorizzano qualcuno dei loro preti a partire per mettersi, per un certo limite di tempo, a disposizione degli Ordinari d’Africa”. L’Enciclica in particolare, propone e sostiene e “incoraggia l’invio di laici in aiuto alle diocesi missionarie. Un’opera vantaggiosa e arricchente per le diocesi africane”. Noi tutti presenti al Convegno siamo la risposta attuale delle nostre diocesi all’appello del Papa. Il Convegno ci ha dato l’occasione di riflettere sull’esperienza dei FD visti come un dono per la Chiesa Africana e un dono per la Chiesa Italiana. Molto belle le verità riprese e condivise. Fra le altre: la Chiesa è missionaria: l’identità missionaria della Chiesa; il battesimo ci fa tutti missionari; i FD sono un’ “espressione” della Chiesa viva, aperta. Un’esperienza da continuare; il prete ha una vocazione universale: è per la Chiesa universale; le esperienze di Chiesa sono da condividere: l’idea dello scambio; i FD, preti e laici, sono portatori di una sana spiritualità diocesana. Interessanti anche le prospettive per il futuro dei FD.
Ne condividiamo alcune:
Circa la Chiesa che invia: l’essere missionario non è la scelta di qualcuno: è l’espressione di una Chiesa che cammina. A questo riguardo fa pensare la sempre più forte non-disponibilità alla partenza di preti giovani e di laici. Fa riflettere anche l’esclusione o comunque la marginalità del Centro Missionario rispetto agli altri Uffici diocesani. La Chiesa che invia inoltre non assolve il suo compito con l’invio di qualcuno: il suo compito continua con l’accompagnamento, con lo scambio reale di progetti e di esperienze pastorali, nella continuità dell’impegno, nell’accoglienza di chi rientra.
Circa la Chiesa che accoglie: Il FD si inserisce e cammina con la Chiesa che l’ha accolto ed è disponibile al Vescovo che l’accoglie e non solo alla parrocchia o al servizio concordato. Se è un servizio da preferire è quello della formazione. Il fatto di venire da paesi ricchi domanda una particolare attenzione all’uso dei soldi e allo stile di vita. In gioco c’è l’autenticità delle relazione … con tutti: vescovo, preti, cristiani.
Circa la scambio fra Chiese. Ogni Chiesa particolare, ogni diocesi dovrebbe avere almeno una presenza di FD presso un’altra chiesa. Lo scambio fra le Chiese passa con il desiderio e l’impegno di conoscere l’altra esperienza di Chiesa e questo tramite la corrispondenza, tramite le visite periodiche di preti e laici (anche degli addetti agli uffici di Curia), tramite un fattivo coinvolgimento nella pastorale dei FD rientrati,  tramite la possibilità, per i seminaristi, di un’esperienza in missione.
Circa il servizio missionario dei FD: Il FD come essere espressione di una Chiesa è impegnato e allo stesso tempo libero perché non ‘personalizza’ la missione e i progetti missionari, bensì  progetta e condivide con le diocesi. Si lavora con la Chiesa e nella Chiesa. Il servizio missionario chiede sempre di più di privilegiare lo spirito di comunione e di corresponsabilità, la condivisione dei beni, l’attenzione ai settori più deboli.
Circa la condivisione delle povertà e l’uso dei soldi: Rimangono inevitabili e sempre aperti dei problemi che toccano la coscienza dei singoli. Come essere povero con chi vive nella miseria? L’impossibilità di essere radicalmente poveri! La possibilità di gestire soldi e l’invito a costruire strutture. Il pericolo del ‘clientelismo’ e del ‘buonismo’. Eppure certe prospettive sono chiare, come il condividere e il discutere le iniziative, far sempre partecipare la gente nelle scelte e nelle spese, il coinvolgere gli organi diocesani, il progettare e il creare strutture ‘gestibili’.
Circa i laici FD: La prospettiva è quella di una loro maggiore corresponsabilità per una reale ministerialità.
I Centri missionari devono organizzarsi meglio per il loro accompagnamento: prima, durante e dopo l’esperienza in missione.

Al termine del convegno, siamo stati invitati a “generare missione” e a raccontare la missione.
Ci auguriamo che questa semplice condivisione possa essere colta in questo senso e possa favorire anche in voi un’utile riflessione.
don Giusto, don Angelo, don Andrea