14 aprile 2009, Fortaleza – Brasile Dal Brasile… buona Pasqua!

C´era un enorme pietra a chiudere il sepolcro. Impossibile credere che si può ancora capovolgere la situazione. Meno male che la speranza non ha limiti e che tutto è possibile finché c´è qualcuno che ha il coraggio di sperare, per tenue che sia la speranza che ancora resta.
Perché ci si abitua tanto ai sepolcri chiusi?  E ancor più, è proprio vero che è da illusi tentare di smuovere le pietre? È la riflessione che mi accompagna nella settimana santa di quest´anno, celebrata ancora una volta lungo le strade della città e nelle carceri.
Mille cinquecento bambini e adolescenti hanno piantano la loro croce sulla sabbia  per ricordare a tutti che dobbiamo ribellarci all´idea che la cruda realtà di tanta infanzia crocifissa, un po’ dappertutto, è normale e inevitabile.
A Fortaleza, quasi duemila sono i “moradores da rua”, uomini e donne forzati a fare della strada il loro habitat. Anche loro, in una strana processione, hanno affermato il loro diritto alla dignità .
Se è vero che ogni cristiano deve accogliere senza troppe lamentele la croce che gli tocca, è pur vero che oggi siamo chiamati a un compito dalla portata storica senza precedenti: schiodare tutti coloro che vi sono appesi.
Per questo, forse, non solo dobbiamo lasciare il “belvedere” delle nostre analisi  sociali e correre in aiuto del fratello che fatica a portare la sua croce personale, ma dobbiamo anche individuare, con coraggio e intelligenza, le officine  dove si fabbricano le croci collettive.
Credo che sia urgente convincerci che una solidarietà staccata dalla giustizia non sia altro che un modo per mettersi a posto la coscienza, lasciando le cose come stanno. La giustizia, insomma, è l’altro nome della carità e della solidarietà.
Sempre mi commuove e rincuora il giovedì santo in carcere, soprattutto la lavanda dei piedi. Niente sentimentalismi. È solo il bisogno di ricordare a me e alla comunità cristiana la necessità di produrre una nuova cultura della solidarietà, nuova cultura dei diritti, nuova cultura dell’accoglienza, nuova cultura dell’integrazione sociale.
Ha colpito tutti il momento in cui la direttrice del carcere ha voluto prendere il mio posto e si è chinata per lavare i piedi di alcuni carcerati.
I minorenni in carcere han preferito lavarsi i piedi reciprocamente. Son pietre che, un po’ alla volta, si smuovono in barba a tanti conformismi.
Domani, sabato santo, mi attendono ancora.
Credo che la Pasqua debba essere proprio così: spargere speranza ovunque e  ripetere a tutti: “Coraggio, gente! La Pasqua faccia morire ogni  disperazione sedimentata nel  cuore. E, oltre al coraggio di esistere, ci ridia la voglia di continuare a camminare. Assieme”.
A Dio piacendo, sarò con voi la domenica dopo Pasqua per rimette rimettere un po’ in ordine la salute. Come sempre, avremo modo di condividere l´amicizia, il nostro cammino di fede e aiutarci a credere  che le pietre dei sepolcri si smuovono ancora.
BUONA PASQUA!

 padre Marco PASSERINI