14 settembre 2009, Gam Yanonge – Bambini di Dio noi siamo

14 settembre 2009, Gam Yanonge – Repubblica Democratica del Congo

Bambini di Dio noi siamo: e sempre sotto il suo occhio provvidente giochiamo a rimpiattino tra vicende alterne dove vinciamo e perdiamo e dove forse, credendoci protagonisti, ci sforziamo di vincere sempre e poi trovarci talvolta a terra, spiazzati dall’imprevisto. E possiamo reagire con scoraggiamento o con rabbia o con l’affidarsi all’occhio provvidente che è anche previdente più di quanto noi possiamo. E’ quanto mi è un po’ successo in questi ultimi due o tre anni. Non del tutto nuovo, la nostra vicenda umana si svolge un po’ a cerchi concentrici; e come nei vecchi dischi delle incrinature ciclicamente ci fanno sentire stonati e mosci.

Carissimi, bambini di Dio noi siamo: e sempre sotto il suo occhio provvidente giochiamo a rimpiattino tra vicende alterne dove vinciamo e perdiamo e dove forse, credendoci protagonisti, ci sforziamo di vincere sempre e poi trovarci talvolta a terra, spiazzati dall’imprevisto. E possiamo reagire con scoraggiamento o con rabbia o con l’affidarsi all’occhio provvidente che è anche previdente più di quanto noi possiamo. E’ quanto mi è un po’ successo in questi ultimi due o tre anni. Non del tutto nuovo, la nostra vicenda umana si svolge un po’ a cerchi concentrici; e come nei vecchi dischi delle incrinature ciclicamente ci fanno sentire stonati e mosci.
E’ stato, questo primo anno a Yanonge, poco lontano dall’equatore, un anno di ricerca di quel che sono e di che è fatta la realtà attorno. Tutti i cambiamenti di abitazione, di clima, di comunità religiosa ristretta e della missione, di lingua e genti, che pensavo di conoscere un po’ mi hanno “spiazzato”, ho dovuto ricominciare da capo e tagliare col passato. Sono stato tentato di dire di sì a tutti e sempre e scoprire che la gente non sempre chiede quello di cui ha più bisogno, ma allettata più da un look di modernità che da saper leggere e scrivere, nasconde la motivazione del suo agire quotidiano che è quello di sopravvivere; “troverò oggi qualcosa per cibare la famiglia? a sera troverò un piatto colmo di manioca e erbe cotte da riempire lo stomaco?” Dentro la parentesi tra stasera e domani sera mettici riposo, sveglia a sbadigli, un mezzo secchio d’acqua e forse un pezzo di sapone per farsi presentabile, al mercato, alla scuola come maestro o come allievo, un po’ di imbellettatura per le ragazze che per vocazione illustrano la bellezza del creato, prima della corvée: andare al pozzo e mettersi in coda e rientrare con un bidone in testa di 30 litri d’acqua e un secchio di vestiti lavati al torrente…e i “non intellettuali” ai campi fin nel pomeriggio assolato…poi i bambini padroni delle piazzuole, delle strade e delle strettoie tra i banchetti del mercato, centro primo culturale, università popolare degli illetterati, di smistamento delle informazioni più o meno verificate e capite diversamente dalle radioline gracchianti che tra canti e danze comunicano le informazioni dei grandi avanzamenti dei cantieri del presidente e delle nuove tasse su ogni passaggio di mano del grappolo di banane. Morti, annegamenti, salvataggi miracolosi, apparizioni di spiriti, delazioni, adulteri e cose simili animano il mercato. Poi la Chiesa (cattolica e altre simili) chiama a formazione, catechesi, ripetizioni dei canti, lavoretti di pulitura, e andare a visitare malati, portare ai prigionieri da mangiare, assicurandone un po’ ai carcerieri affamati, incontrarsi per consolare la famiglia visitata da un lutto spesso non previsto, cercare di farsi restituire un prestito, e  vivere “spensierati”, se si può…, magari fuggendo in qualche litro di vino di palma o in qualche capanna dove chi ti accoglie si accontenta di pochi spi,cioli….
Allora mi domando: qual è l’ottavo sacramento della comunità di Yanonge? Per quasi 40 anni non hanno avuto preti stabili, perché i Simba che nel ’64 hanno ucciso i 13 italiani a Kindu e 4 degli 8 comboniani a Isiro, in questa diocesi di Kisangani e Wamba hanno ucciso 25 dei missionari Dehoniani che hanno fondato la Missione. Yanonge nel 1999 è stata affidata ai comboniani: da S. Camillo, dove ero parroco, venivo prima di stabilirmi qui di tanto in tanto. Nel 2001 pensavo di rientrare a Yanonge, dove nel frattempo si era installata con fatica una nuova comunità di noi comboniani, dico con fatica perché tutto il gruppo comboniano è sottoposto a stress notevoli e – per le guerre (non ancora terminate) e con il dissesto totale del paese,- si trova obbligato a spostamenti di personale.
E poi da non dimenticare i problemi e sfide della mondializzazione: l’Africa per ora fa comodo per essere sfruttata. Che nuovo mondo è possibile? Sono i cittadini consapevoli che forzeranno a cambiare in meglio. Ci hanno imbrogliato creando bisogni fasulli e facendoci credere che è necessario consumare per produrre mettendo l’uomo in un ingranaggio dove non deve pensare né prendere decisioni perché tutto è programmato dalla tecnica e la tecnica ha prodotto nuovi colonialismi, imbrogli e fallimenti colossali dove milioni e miliardi di cittadini del mondo si trovano sbattuti nel fango come da un ciclone e “il si salvi chi può” sembra l’unica risorsa. Se aspettano i governanti che aggiustino le cose, saranno delusi. Voci nuove,indicazioni e segni di “coscienza” ci sono: è importante essere in ascolto, cercare….e “mettersi insieme”. O ci si unisce nel cercare, attuare, verificare e operare, o si sarà sempre più deboli e impoveriti e scoraggiati.
Vale per la coppia e la famiglia, vale per le nostre comunità religiose e parrocchiali, per la chiesa e le diverse società….Lo scorso settembre a Roma si è svolto il Capitolo generale dei Comboniani, preparato da “tutti” da tre anni a questa parte. Per ravvivare lo spirito di Comboni che ci illumini sul come essere e operare nelle nuove realtà della missione di annunciare Gesù Cristo come Via, Verità e Vita. In Europa come comboniani stiamo scomparendo. L’Europa sta per essere colonizzata per il suo invecchiamento, ha bisogno di immigrati e di prodotti importati, così la chiesa e le chiese faticheranno sempre di più ad essere “vivaci”.
Che fare? La storia si ripete. E’ maestra di vita, ma non la si ascolta. E tutti ci facciamo protagonisti di quanto succede pensando che siamo capaci di meglio, ma gli “altri” sono la causa se si “vive peggio, di dentro soprattutto”.
Ho passato, come dicevo all’inizio, momenti di malcontento, scoramento, e ho tentato di vederne le cause fuori di me. I mesi passati l’anno scorso in Italia sono stati provvidenziali per incontri che mi hanno illuminato: ho mancato di fede in quel Gesù al quale ho affidato la mia. Il ritorno a Yanonge e l’impatto con la miseria umana, morale, sociale mi ha fatto cercare dov’è Dio? l’ottavo sacramento. Come mai si sentono cristiani, cercano il battesimo, la preghiera e un certo impegno pastorale… anche se moralmente avrebbero bisogno di luce e forza, catechesi, formazione… che fatichiamo a trasmettere, perché la maggior parte è preoccupata dal come sopravvivere e culturalmente sono molto impoveriti, senza capacità di riferimenti geografici, storici.
Il nostro parlare è quello dei libri; dovremmo stare sulle strade e al mercato, con loro. Madre Teresa di Calcutta mi ha illuminato su quello che sentivo essere la risposta alle mie domande. Come essere? cosa fare? Dio dov’è? l’ottavo sacramento della comunità di Yanonge..:”.Gesù ha sete, di amarmi e di essere amato; dirgli di sì. Il povero e miserabile è il volto di Cristo sofferente, al quale mi invia per annunciargli che Dio lo ama, gratuitamente, e a chi crede dona pace e gioia. E la sofferenza subita dalle diverse colonizzazioni e dalla mondializzazione è un merito e una forza di rinnovamento; la lotta per sopravvivere è un segno della presenza di Dio, la vitalità, l’accoglienza dei figli, lo sforzo per la scuola… il cantare e gioire anche del solo stare insieme sono valori umani, doni di Dio: l’ottavo sacramento. Dio ama anche, o forse più, quelli che “non sono in regola” e restano comunque aperti al “bene”.
Yanonge è lontana. Il Settimanale della Diocesi di Como arriva in pacchetti di 8, 10 da qualcuno che li porta a Kisangani da Kinshasa: un mese da Como a Kinshasa, un mese e più da Kinshasa a Kisangani e poi per Yanonge una o due volte al mese: Per cui faccio quaresima sotto Natale e gli auguri di Natale dopo Pasqua. Ho risolto il problema visitandovi in spirito e preghiera; sono sempre più convinto che sono frutto di migliaia di incontri e tutti voi siete parte di questa vita che cerco di vivere accettando il quotidiano con abbandono al Signore della storia, nel quale credenti e non credenti , tutti ci troviamo. Per lui Dio ci ama, in lui possiamo avere speranza e futuro, e beati noi se vogliamo provare a dire “Sì Signore, credo”. Allora lui può amarci e darci di amare. Tutto il resto non è che cesto contenitore dei giorni.
A Yanonge non c’è antenna internet: quando viene a Kisangani il mio confratello, P. Fidelino, portoghese che sa anche l’italiano, apre e copia su penna-flash e vi leggo. Vedrò se mi riesce di rispondere ogni tanto ai vostri messaggi. Ogni giorno penso a tutti alla celebrazione della messa e le vostre notizie e lutti compresi diventano offerta.
Il viaggio o in moto con attraversamento di due fiumi in piroga o il venire in piroga mi pesa e allora vengo una volta l’anno, per qualche giorno di ritiro, silenzio, e stare un po’ con voi. Sono venuto con un barcone motore, 14 ore seduto, la notte, piedi bloccati dalle mamme sdraiate tutt’attorno. Si chiama Arca di Noe’.
Stiamo costruendo con fatica una casetta divisa in 4 camere che diventano poi studio/cameretta con bagno. Poi dovremo riparare l’attuale, con rifacimento del tetto e miglior distribuzione degli spazi.
Continuiamo col fondo provinciale per le scuole a migliorare altre scuole e mettere banchi e attrezzature e contribuiamo ai salari dei professori. Altri sforzi sono per corsi di formazione e promozione sociale; possiamo fare poco, ma sono priorità nel nostro essere accanto con misericordia.
Siate allegri sempre perché il vostro nome è scritto in cielo. Guardate in alto e sorridete, riassume così Madre Teresa i suoi consigli, validi per tutti.

p. Benito Amonini