19 settembre 2010, Rhumzu – Cameroun Seminare ricordi

Ciao a tutti!
Le piogge cadono, ma non a sufficienza. Si teme per la stagione secca…
Camion carichi di goyave e di patate partono per il Ciad.
Le prime spighe di miglio cominciano a spuntare… Mentre scrivo, sul pavimento di casa, rospini grandi come piselli saltellano qua e là.
La nostra famiglia si è arricchita con l’arrivo di don Alessandro. Sono i primi giorni. Sta prendendo le misure.
Le scuole sono cominciate. I giovani lasciano Rhumzu per rientrare a scuola, soprattutto a Mokolo. Qualcuno partirà la settimana prossima: non hanno ancora trovato i soldi necessari per frequentare. Qualcuno resterà a casa, costretto ad abbandonare. Non si riesce ad aiutare tutti. Vedremo…
a presto
Corrado

Come un uomo che getta il seme sul terreno;
dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce.
Come, egli stesso non lo sa.
Il terreno produce spontaneamente
prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.

Mc 4

Seminare ricordi…

Yaounde. Capitale del Cameroun. La vita scorre frenetica come nelle nostre città. I moto-taxi della brousse, chiamati “clandestini” perchè nessuno ha patente, libretto o assicurazione, qui cedono il posto agli auto-taxi gialli. Sono tanti. Onnipresenti. Ti metti sul ciglio della strada. Pochi secondi… arriva. Devi essere pronto a gridare dove vuoi andare e quanto sei disposto a pagare: “Mvan, stationnement Mbalmayo, 300F!” Riparte senza dire niente. Non ha accettato. Passano pochi secondi. Un altro taxi rallenta. Ci riprovo, alzando il prezzo: “Mvan, stationnement Mbalmayo, 400F!” Un sonoro colpo di claxon annuncia che va bene. Siamo in sei, stipati sul taxi. Perfetti sconosciuti coi quali condividi qualche Km. Arrivati al quartiere Mvan, si cerca il pulman per Mbalmayo. Quaranta minuti di schiacciamento. Il pulmino è  stracolmo, ma, per fortuna, la strada è asfaltata. Tra palme da olio e alberi della gomma.
Mbalmayo. Missione del COE (Centro Orientamento Educativo). Una ong di volontari cristiani che opera nel campo dell’educazione. Ci accoglie l’anima e la storia del centro, Pina. Poco più tardi ci raggiunge don Adriano. Con lui ho frequentato, a Verona, il CUM, dove si formano i “partenti” per la missione. Entrambi studenti… Nonostante la diversità d’età. “Parroco a Milano, a 75 anni dovevo lasciare la parrocchia. Conoscevo il COE e il vescovo di qui. Mi ha detto: Dai, vieni giù! Sono solo in cattedrale… E sono qui”. La presenza del COE è ben consolidata. Numerose le opere. Ma il fiore all’occhiello è forse l’istituto di formazione artistica. Pittura, scultura e, soprattutto, ceramica. Pezzi di qualità. Ricordo, anni fa, la campagna dell’ACR per sostenere questo centro che sforna artisti. Progetto ben riuscito!
Tocca ad un giovane, che ha frequentato la scuola artistica e che ora lavora al centro, farci da guida tra i laboratori dove sono esposte le realizzazini dei ragazzi. Una serie di formelle in ceramica attira la nostra attenzione. Una grande scacchiera color marrone fissata sul muro dell’aula. Un centinaio di simboli. Animali e piante, soprattutto. Un gioco, all’origine. Uno spaccato di cultura tradizionale, per noi.
Tra gli animali, il marguià. Povero. Lui “tutto vede e tutto sa”. Così si perde il bello della vita che è scoperta e meraviglia. Non ha tempo per ascoltare. Il suo essere sempre in corsa è tipico di chi vuole tutto, subito. Di chi arriva subito alla “meta”, bruciando le tappe. Per questo è il simbolo della morte. Una vita corta, spremuta, morta prima della morte.
Accanto a lui, il camaleonte. L’avete mai visto camminare? E’ un continuo ondeggiare, avanti indietro. Passi meditati, scelti. Cambia colore, ma è sempre se stesso. Come ogni persona: cambia col tempo, grazie alle esperienze che l’hanno temprata, ma rimane se stessa, unica. Il camaleonte è il simbolo della vita dell’uomo saggio.
Tra le piante, il fiore della kolà. Il frutto è grande come una piccola albicocca. Color fuxia, amarissimo. Nella stagione secca toglie la sete. Ne mordi un po’ e lo doni: è lo spirito di condivisione. Lo porgi all’altro col gesto di stringere la mano: è lo spirito del perdono. Condivisione e perdono: forse per questo è il simbolo della divinità. E chi, più di Gesù, ha condiviso e perdonato?
Il giovane si appassiona, raccontando: “Quando ero piccolo, la sera, ci sedevamo tutti in cerchio. Gli anziani ci raccontavano storie di animali. Non comprendevo quasi niente… Solo molto tempo dopo ho capito che quelle storie parlavano di me, della mia vita. Ogni persona si comporta come un animale particolare”.
Già. Ricordi d’infanzia che riaffiorano quando la vita ti spinge a riflettere e a capire. Come quel figlio. Scappato di casa in cerca di libertà, si ricorda dell’abbraccio disinteressato di suo padre, a casa. Una catechista mi ha scritto: “I miei ragazzi hanno ricevuto la S. Cresima… Alcuni di loro non frequentano più nè la chiesa nè il catechismo. Normale? Ma! Resta la speranza che, prima o poi,  germogli dentro di loro il seme che abbiamo gettato…” Non è una magra consolazione. E’ qualcosa di grande. Seminare bei ricordi nel cuore delle persone. Seminare e lasciare liberi. Nell’attesa che la vita ci apra gli occhi e i ricordi migliori ci guidino…
Alla fine della visita, il giovane ci dà la mano: “Non è bene lasciarci così. Vi do il mio nome. Io mi chiamo Dieudonné”. Già Dono-di-Dio. Di nome e di fatto. E’ bello vedere come anche piccoli incontri casuali (?) possano arricchirci e aumentare il nostro bagaglio di ricordi.