2 settembre 2013, Korogocho, Nairobi – Kenya Le vere forze del cambiamento sono dentro di noi!

 

Carissimi,
eccomi finalmente con questa lettera che e’ stata in gestazione per settimane e mesi, in attesa del momento propizio, sia di tempo che di “animo”. Tutto deve nascere con calma, senza fretta, sapendo aspettare e sapendo cogliere gli innumerevoli semi di bellezza e di bonta’ che Dio continua a spargere in abbondanza. Ed effettivamente dall’ultima mia lettera (Pasqua, se non ricordo male), sono successe tante cose, ho incontrato tante persone, la maggior parte delle quali capitate cosi’, quasi per caso, nella mia vita, e in quella di Korogocho, arricchendole di entusiasmo, impegno, gioia, coraggio, sorriso. Cerco in qualche modo di riassumere questi mesi, perche’ altrimenti dovrei scrivere un libro.
Inizio da…50 anni fa. Il 28 agosto 1963, lo sapete, Martin Luther King jr. pronuncio’ il suo celeberrimo discorso “I have a dream” che ha cambiato la storia degli Stati Uniti, della coscienza nera in quel Paese e nel mondo intero, e ha influenzato generazioni e generazioni di attivisti e “sognatori”. Jim Wallis, direttore della rivista america Sojourners, cosi’ commenta quelle parole: “(King) non disse, ‘Ho una lamentela da porgere’. Invece proclamo’ (e fu davvero una proclamazione nella tradizione biblica profetica), ‘Ho un sogno”. C’era molto di che lamentarsi per i Neri Americani, e c’e’ molto di che lamentarsi oggi per molti in questa nazione (gli Stati Uniti d’America). Ma King ci insegno’ quel giorno che le lamentele e le critiche, perfino il nostro dissenso non saranno mai il fondamento dei movimenti sociali che cambiano il mondo – ma i sogni lo saranno sempre. Dire semplicemente cosa non va non sara’ mai abbastanza per cambiare il mondo. Devi innalzare lo sguardo su una visione di cio’ che e’ giusto”.
Ognuno di noi sapra’ applicare queste parole, insieme a quelle originali di Martin Luther King, al suo contesto di vita nel quale si trova. Io le ricevo mentre sono a Korogocho, e dopo essere passato da un periodo di forte critica a quello che mi sta attorno, che noi stessi, io stesso, ho contribuito a costruire, e senza essere capace di quella visione di cio’ che e’ giusto proclamata da King.
Ma poi e’ arrivata l’invasione…  Peter Mwashi e il suo gruppo di Korogocho, occhi fedeli che raccontano Korogocho; Meggy e il suo gruppo di scouts di Reggio Emilia, coraggiosi nel provare un’esperienza scuot diversa; Diego “Bacioc” e il gruppo dei clowns (si’, hai letto bene: clowns): Enjoy, Michela, Jacopo, Momo, Scotch; Raphael Obonyo, e le sue parole all’incontro dei giovani della parrocchia; gli amici di Freedom to Choose, fedelissimi e attivissimi nei nostri centri per i ragazzi di strada, e non solo li’; e tanti altri… Senza dimenticare mia sorella Laura, il Mike e le due pesti  Meggie e Lucy che hanno irradiato la seconda meta’ di luglio. La nuvola di testimoni di cui parla l’autore della Lettera agli Ebrei, quelli che corrono in avanti e ti trascinano con il loro entusiasmo e la capacita’ di vedere, e di farlo in modo nuovo, rispetto a noi che a volte ci assuefiamo a questa situazione e alle sue sfide. “Bacioc” mi scriveva, dopo il suo ritorno a casa, che “l’arte del clown e’ l’arte di rinnovare lo sguardo. L’arte del clown, per chi la pratica, e’ l’arte di chiudere gli occhi per cominciare a vedere qualcosa. L’arte del clown ha molto a che fare con l’arte di vedere e l’arte di vedere ha a che fare con la notte: vedere la notte significa presentire il canto dell’alba.” E’ una citazione di Emmanuel Gallot-Lavallée, uno dei maestri nell’arte di essere clown; e’ quello che ha anche detto che la nostra presenza ha a che fare con l’assenza: nel momento in cui, conoscendole, superiamo le nostre paure, allora siamo veramente presenti, qui e ora.
Tutto questo puo’ suonare strano, ma ha molto a che fare con Korogocho, la nostra presenza qui, il nostro futuro… Passare per la notte vedendo gia’ l’alba (“sentinella, quanto manca all’alba?” – Isaia); rimanere ancora nella notte dell’ingiustizia coltivando e proclamando il sogno della giustizia e dell’eguaglianza; credere fermamente che il cambiamento arriva dalla visione di cio’ che e’ giusto, non dalla lamentala su cio’ che e’ sbagliato; convincersi che le vere forze del cambiamento sono gia’ dentro di noi, e siamo noi stessi.
Quindi, semplicemente, ma dal cuore, un grazie enorme a tutti quelli che sono passati di qui in queste ultime settimane. E a quelli che qui sono nati e vivono qui e creano, giorno dopo giorno, le basi per la trasformazione verso una Korogocho nuova, e un modo, piu’ giusto e equo.
Peter Mwashi e’ uno di questi. E’ un giovane di Korogocho, nato e cresciuto qui, passato attraverso St. John, e che adesso cammina con le sue gambe e pensa con la sua testa. Ha aperto, con l’aiuto iniziale di amici australiani, una serie di piccoli progetti per i bambini e i giovani di Korogocho: due centri di studio, una piccola biblioteca. La sua ragazza, Monica, gestisce un piccolo “hotel”, cioe’ una piccola trattoria che adesso e’ in grado di dare lavoro, seppur saltuariamente, a sei ragazze bisognose: le toglie dai pericoli della strada e le fa lavorare. Insieme abbiamo accolto i due gruppi in agosto, il gruppo degli scouts e quello dei clowns. A dir la verita’ ha fatto tutto lui: ha pensato alla logistica trovando una sistemazione a Lucky Summer, quartiere “residenziale” appena fuori Korogocho; ha preparato il programma delle giornate, ma soprattutto ha accompagnato questi nuovi amici nella loro immersione in Korogocho. “Korogocho raccontata e spiegata da chi ci e’ nato e ci vive”, dicevo agli ospiti, “e’ senz’altro un valore aggiunto al vostro stare in questo posto”. Come primo esperimento direi che e’ andato benissimo, e si aprono prospettive nuove per l’accoglienza e l’inserimento di chi vuole passare qualche giorno o settimana da noi. Non e’ solo il fatto pratico che io non avrei tempo di gestire direttamente queste visite: e’ proprio l’idea che io non sono la persona piu’ adatta a parlare di Korogocho. E’ giunta l’ora, ed e’ questa, che la gente di Korogocho possa parlare di se’, presentando si’ i problemi e le sfide che vive ogni giorno, ma al tempo stesso presentando la Korogocho nuova che sta nascendo, la parte gia’ trasformata e capace di camminare con le proprie gambe. E possa parlare con la propria voce. Credo debba finire il tempo di essere voce di chi non ha voce, come si e’ sempre detto, e finalmente dare la parola a chi la chiede da troppo tempo. La nostra presenza deve progressivamente diminuire, e la loro crescere.
Con Peter stiamo pensando a nuove strade per un “turismo responsabile” (perdonatemi il termine…) che, passando da Korogocho, non venga a vedere un posto brutto, ma possa immergersi almeno un po’ e soprattutto possa ascoltare le storie di chi ci vive, le sue speranze, i suoi piccoli successi. E scoprire che sono esattamente le stesse aspirazioni che nascono in ciascuno di noi, a qualunque latitudine.
Raphael Obonyo e’ un altro esempio della Korogocho trasformata. Anche lui nato e cresciuto in questo slum, ha terminato gli studi grazie agli aiuti che riceveva di tanto in tanto dalla carita’ della parrocchia. E’ arrivato lontano con la sua determinazione e con le persone che, in modo molto semplice e non fanfaroso, hanno scommesso su di lui. Adesso e’ consulente nel Consiglio Mondiale per i Giovani delle Nazioni Unite (e’ stato votato a livello mondiale), e recentemente e’ stato nominato a far parte del gruppo di Giovani Diplomatici che, sempre con l’ONU, girera’ il mondo a portare un messaggio di pace e uguaglianza. Inizieranno in Siria, poi il Cairo, poi la Turchia…giusto per dire che non saranno passeggiate. Domenica 25 agosto l’ho invitato a parlare ai giovani della parrocchia e ne e’ stato particolarmente felice perche’, ha detto ai giovani, “non importa quanto lontano tu possa arrivare: non devi mai dimenticarti da dove sei partito. Abbiate la testa in cielo, i piedi ben in terra, e continuate a camminare. Se non potete volare, potete andare in macchina; se non potete andare in macchina, potete camminare; se non potete camminare, potete rotolare…ma non smettete di andare avanti!”. Credo che non ci sia bisogno di alcun commento.
Intanto vi dico che Peter e Raphael saranno in Italia in novembre, ospitati da Simonetta che era stata una volontaria a Korogocho alla fine degli anni ’90. Quando avro’ dettagli piu’ precisi vi informero’, nel caso voleste organizzare un incontro con loro nelle vostre zone.
I progetti vanno avanti, e cosi’ la scuola e la biblioteca, la quale e’ stata semi-ufficialmente aperta da Lapo Pistelli, vice-ministro degli Esteri italiano in visita in Kenya. Un momento di notorieta’ che non fa male e sara’ utile nella misura in cui continueremo a camminare nella direzione giusta. Un paio di dati sulla biblioteca che tantissimi di voi hanno contribuito a rinnovare: da maggio, quando e’ stata riaperta, si sono registrati piu’ di 1200 utenti, con una media di 350 al giorno, e 28 scuole contattate e servite. Non c’e’ male! Intanto abbiamo installato l’WI-FI e il prossimo passo sara’ l’acquisto di qualche computer da mettere a disposizione degli studenti. Piu’ in la’ cercheremo di organizzare delle classi di computer sia per chi frequenta la biblioteca che per la scuola di St. John, compresi i maestri. E continua la collaborazione con l’organizzazione tedesca North-South Cooperation che ci ha gia’ aiutato ad acquistare piu’ di 600 libri di testo nuovi.
Il 23 agosto abbiamo organizzato un evento di coscientizzazione e informazione a Ngong, dove abbiamo il centro di riabilitazione di Kibiko. L’evento e’ stato organizzato con l’amministrazione locale ed e’ stata un successo, tanto che il responsabile dell’ufficio governativo per i bambini vuole inserirlo nel calendario annuale delle attivita’ dell’Ufficio. Intanto noi stiamo pensando a creare un dipartimento fisso per organizzare e seguire questi eventi, soprattutto la formazione nelle scuole sia di alunni che di insegnanti: se educhiamo i bambini e gli insegnanti sui diritti dei bambini quando sono ancora nelle scuole, avremo, quando lasciano la scuola, un nucleo di potenziali ambasciatori di questi valori nella societa’ kenyana.
A Kibiko il recupero degli alcolisti procede adesso non come prima a gruppi di otto, ma in modo continuativo: qualcuno finisce, altri arrivano nuovi. Questo sistema ha indubbi vantaggi sul gruppo in se’ (chi arriva nuovo e’ motivato da chi e’ gia’ avanti nel cammino di riabilitazione), ma ci obbliga a escludere, per ora, le donne, visto che la nostra struttura non ci permette di accogliere uomini e donne contemporaneamente. Questo e’ un altro sogno che lasciamo li’ e vediamo quando matura: “raddoppiare” il centro per alcolisti a Kibiko per accogliere sia uomini che donne. Intanto, sempre a Kibiko, abbiamo terminato la costruzione del “biogas” che, usando il letame delle mucche, produrra’ gas per la cucina, abbattendo l’uso della legna e salvando i boschi: potere della natura e della tecnologia!
Con Vincent, Japheth, Joseph, Wilkister e Ivonne (i cinque consulenti del Peacock) abbiamo organizzato due giorni di lavori con gli insegnanti di St. John e alcuni rappresentanti della comunita’, per rivedere la costituzione della scuola, aggiornandola alle nuove leggi kenyane, e per ristrutturare l’organizzazione della scuola stessa in una visione di sempre maggior autonomia e responsabilita’. Pensate: giovani di Korogocho che aiutano gli insegnanti di St. John a ripensare la scuola, la sua organizzazione, la sua visione, per un servizio sempre migliore e sempre attento agli emarginati.
E si potrebbe continuare… Ma mi accorgo che sto davvero scrivendo un libro, quindi mi fermo. Rimangono queste bellissime persone, abitanti di Korogocho e ospiti, che danno forza, riempiono di entusiasmo e aprono nuovi orizzonti. E permettono a tutti, noi qui e voi li’, di continuare a camminare. Ciao!
p. Stefano