20 dicembre 2012, Bouar – Repubblica Centrafricana Per diffondere speranza e amore

 

Non è questione di ottimismo o di pessimismo,
La speranza e l’Amore nascono e si diffondono da quel piccolo segno di Betlemme che ci porta a capire, a lottare a ringraziare!
Non crediamo alle profezie dei Maya, sostenute da un soffuso timore apocalittico strisciante in tanto sentire comune ed alimentato da un certo pessimismo che la situazione odierna favorisce.

Non siamo d’accordo nel lasciare in mano alle sole grandi organizzazioni il problema dei paesi emergenti che sanno solo trattare numeri e ridurre tutto a numeri cercando le soluzioni meno impegnative e più facili col risultato passare sopra alle persone.

Non vogliamo nemmeno reagire a questo clima di incertezza ritirandoci nel nostro privato ritenendolo già sufficientemente difficile . Se itempi tendono verso il buio, vogliamo fare brillare una luce, se la strada si fa in salita rafforziamo il coraggio e la speranza. Speranza sì. Lavorare solo con numeri induce al pessimismo o all’ottimismo (raro di questi tempi); a noi interessa la realtà, entrare in relazione con le persone, leggerne sul volto il proprio passato, la tristezza e la gioia presente, vederne gli occhi illuminarsi ed aprirsi al sorriso per un quaderno donato, una maglietta ricevuta, un secchio d’acqua pulita portato sulla testa, la benché povera pentola ma piena sul fuoco la sera, ci fa dire che ancora qualcosa di vero esiste: l’apertura alla Vita delle persone. Che importa loro se a Natale non ci sono le luci che illuminano tutto col loro colore di fittizio, se il regalo non è l’ultimo ritrovato della tecnologia. Lasciamo che la gioia sia quella che sgorga dal più profondo del cuore, dove non sono le cose che lo gonfiano, ma un sorriso per uno sguardo di umanità vera, che apre alla sguardo di Dio.

Qualche giorno fa arriva da me una bellissima bambina, con un sorriso grande, la guardo e mi accorgo che il suo viso non mi è nuovo, ma la confondo coi mille visi che giornalmente incontro. Scambiamo qualche parola di saluto, lei sempre col sorriso e un’espressione come se ci fossimo appena visti il giorno prima. Mi interroga questa sua espressione, ma ci passo sopra, continuo con parole generiche verso di lei. Ad un certo punto mi dice: Sono Ketya. La mai mente si risveglia: Ciao Ketya, il mio cuore si risveglia. Ah Ketya, già sei tu. Un guizzo di gioia mi prende il cuore e la mente ripercorre col ricordo tutte le volte che sono andato a trovarla a casa sua con qualcuno degli amici di Jiango che la sostengono.

Ketya è un’orfana di padre che è morto annegato nel fiume anni fa, mentre andava nei villaggi della savana nei mercati dei villaggia vendere tabacco. La mamma dopo questo avvenimento si è risposata con un uomo che l’ha portata i Cameroun. Ketya è rimasta sola ed abita con la nonna, la quale ha da accudire altri nipotini orfani. Ha sempre il sorriso sul viso, ma ha passato anche un periodo difficile, a scuola ha dovuto ripetere la seconda classe per tre anni. Ora è in quarta elementare. Mi dice che la scuola va bene…speriamo, aspettiamo la pagella di Natale. Certo vedendola, traspare dal suo volta un tratto di velata malinconia, di solitudine. Mi dice che ha fame, con un sorriso carico di innocenza che mi sconfigge, le porto qualcosa da mangiare e la faccio scivolare qualche soldino nelle mani. Mi chiede se a Natale potrà avere un regalo. Una bambolina sarebbe il suo sogno. Entro i casa, frugo tra diverse cose e trovo una bella maglietta e pantaloni e…..una bambolina. Gliela mostro e metto queste cosette tra le sue mani. Il sorriso si allarga, si sente una piccola mamma con tra le braccia la bambolina.

Buon Natale Ketya…

p. Beniamino