Buon Anno a tutti.
Jolanda dell’Olanda
La comunità protestante di Koitakwa. Per i cattolici è il settore di Korci, nella parrocchia di Sir. Oltre Mouftoum, due altri torrenti ormai secchi da attraversare. Siamo in piena regione Gavar. Il paesaggio che si apre è vasto. I nostri picchi si vedono appena all’orizzonte, nascosti da quelli più vicini. Una costruzione rosa: è la chiesa dell’EFLC (Chiesa Fraterna Luterana del Cameroun). Lì accanto, un’altra costruzione bianca, nuova. E’ il magazzino della comunità dove si stocca miglio, mais e soja. Se la comunità ci sa fare, potrebbe essere fonte di guadagno. E’ stato realizzato con l’aiuto della Caritas della diocesi di Maroua-Mokolo. Siamo qui per l’inaugurazione.
Poco prima di arrivare al granaio, ci ha accolti una casa ocra. Vi abita Jolanda. Una giovane olandese (chiaro, vero?). E’ lì da qualche mese, ma è la prima volta che l’incontro. “Quanto ti fermi?” “Se Dio vuole, tutto il resto della mia vita…” Un sussulto mi scuote. “Sono qui per l’alfabetizzazione del Gavar”. E’ appoggiata dalla SIL, un organismo che si preoccupa di mettere per iscritto tutte le lingue del mondo. Manda i sui “missionari” con il solo compito di tradurre in scrittura i suoni di una lingua solo orale.
Vive tutta sola. Due ore di pista da Mokolo. Praticamente isolata nella stagione delle piogge.. “Sono figlia di un elettricista, dice sorridendo, ma sto imparando a coltivare il mais e a fare l’orto”.
Sotto il grande albero la gente inizia a radunarsi per la riunione. Noi siamo ancora appollaiati su un gran sasso. Sono le 11. La riunione era alle 9.30. La cosa non mi meraviglia più. Meravigliata, invece, è Jolanda. Del modo di vivere qui. Dei bambini che non si lavano. Dei ragazzi che non vanno a scuola, o che ci vanno a singhiozzo. “…E poi non sanno niente della Bibbia!” Nei suoi pregiudizi, vedo i miei pregiudizi.
Dopo 10 mesi di lavoro ha terminato l’alfabeto. Ascolto. Ha voglia di parlare. Cerco di comprendere. In Olanda era audiometrista, lavorava con ragazzi diversabili. Cinque mesi in Senegal. In città. Poi la brousse. Niente elettricità. L’acqua è quella del pozzo… “Aggiungo un po’ d’eau de javel (candeggina) per uccidere i microbi”. Ma, ammette: “Lo stomaco è un po’ provato”. Un pannello solare da un po’ di sollievo, una parvenza di normalità la sera.
Penso alla fortuna di vivere, comunque, in comunità. “Una famiglia mi ha adottata, tiene a precisare, mi aiuta in tante cosette”.
Finalmente lo chef di quartiere arriva. Gli viene offerta una sedia. La riunione comincia. Si alterna il francese, il foufulde e il gavar. Parlano velocemente. “Cerco di comprendere qualche parola….”, dice. Annota tutto sul quaderno.
Dalla SIL, poi, si passa all’Alliance Biblique, che, un po’ alla volta, tradurrà la Bibbia in lingua Gavar. Anche questo è Missione.
Domenica prossima celebrerò la messa a Mouftoum. Una delle due comunità della parrocchia in cui non si parla Kapsiki, ma Gavar. Le preghiere sono già tradotte. A modo nostro. Toccando con mano ogni giorno la difficoltà della comunicazione, del capire e del farsi capire, penso alla bellezza di poter pregare Dio e di leggere la Parola di Dio nella propria lingua. Gustandone tutta la ricchezza. Forse, una vita spesa per questo, non è buttata. Grazie Jolanda!