21 maggio 2008, Mogodé – Camerun Polenta e gallina in comunità

Ciao a tutti!

Buon mese di Maggio. Qui i maggiolini sono ovunque. Come quando ero piccolo, in Italia. Don Angelo è rientrato in Italia fino al 10 Agosto.
Lungo la strada mi meraviglio del miracolo della vita: sono bastati due temporali per far fiorire il deserto. Ai bordi della strada la sabbia si sta ricoprendo di un manto di erba verde. Incredibile. Stupendo.
La gente inizia a preparare i campi per la semina… In città il miglio inizia a scarseggiare. Le famiglie sono campioni nell’arte dell’arrangiarsi, ma…
Il caldo si è fatto umido.
Oggi, dopo 10 giorni, è tornata l’elettricità. E’ mancata per 5 giorni in tutto il Nord del Cameroun, anche nelle grandi città. E qui sono fiorite le leggende: Hanno fatto cadere un tralicio a Garoua… Hanno rubato il mercurio delle batterie… Deve arrivare un pezzo di ricambio dalla Francia…

corrado

Polenta & Gallina in Comunità

E’ normale in alcuni periodi dell’anno. Si va in una comunità per la Messa e la visita. Al termine, in chiesa o a casa di un responsabile della comunità, ci si ritrova con i catechisti. Arriva la donna che, avvolto in un panno, porta il vassoio con due pentolini e un boccale. Il pentolino più grande è per la boule, una polenta di miglio o, più spesso in questa stagione, di mais. Quello più piccolo è una sorpresa. Non mi sono ancora abituato alla salsa col pesce e\o le arachidi. Mi limito ad assaggiare. Molto meglio se, aprendo il coperchio, s’intravede una salsa rossa. Bene. E’ carne. Merci, Seigneur! E’ un sospiro di sollievo. Ebbene sì. Non mi sono ancora acculturato del tutto. Invidio un po’ don Angelo e don Andrea che da tempo hanno superato questo ostacolo. Il boccale è pieno d’acqua. La prima che si versa è per lavarsi le mani. Un goccio serve per pulire il vassoio. Il resto per bere.
Il panno è subito tolto. Il vassoio lavato. Ci si versa la polenta fumante. Il coperchio più piccolo serve per tagliare a fette la polenta che va ai bordi del vassoio. Il profumo è invitante. Al centro è messo il pentolino della carne e così, tutti insieme, prendiamo in mano un po’ di polenta. Ne facciamo una piccola (!?!) palla eeeeeeeeh giù a intingere nella salsa.
Dopo un po’ c’è imbarazzo. Ci si guarda e, non essendo una famiglia, ci si domanda: “Chi è il papà?” Decidiamo per il catechista. Tocca a lui prendere il primo pezzo di carne. Dopo, a ruota, tutti gli altri.
Ho nella mano destra un pezzo di carne. Faccio per intingere un po’ di polenta con la sinistra, ma… “No, no, no – mi dice Gilbert, guardandomi serio- No, mon père, così non va.” Già, si usa rigorosamente la mano destra. Scusa, non lo faccio più.
Oggi c’è pollo. Ho addocchiato un pezzo che mi attira: il collo. Si presta bene ad essere speluccato. Lambert mi guarda col suo solito sorriso: «Oggi il père vuole fare l’oncle» (lo zio maggiore di famiglia). Mi fermo con la bocca aperta, il pezzo a mezz’aria, gli occhi interrogativi. Tradizionalmente ogni pezzo ha la sua destinazione. quindi: il collo è per lo zio. La testa per il nonno: c’è la cresta, lui è il capo. Le ali sono per i bambini: non stanno mai fermi, hanno bisogno di svolazzare continuamente. Il petto è per il papà: lui lavora, deve difendere la famiglia, ha bisogno di vigore. Alla mamma vanno le cosce… allusione alla fecondità? Forse, ma, penso io, anche al fatto che è lei, ogni giorno, a dover  fare diversi km di strada per prendere l’acqua, per raccogliere la legna, per cucinare, ecc. E la figlia in età da marito? Tradizionalmente lei non mangia mai il pollo. Può mangiare solo gli altri tipi di carne. Se lo facesse sarebbe derisa: “Ma come: mangi il pollo e non sei sposata?”. Oggi non è più così.
Tra una chiacchiera e l’altra, chi finisce, beve un sorso d’acqua, si sciacqua la bocca, si alza e va a lavarsi le mani. Io osservo Lambert che mangia ancora di gusto pur essendo molto magro. Lo invidio un po’. E’ rimasto un pezzo di pollo. Lo invito a finire. “No, mi dice, questo è il pezzo per la donna che ci ha preparato il pranzo. Quando arriva a ritirare il tutto, alza il coperchio, lo vede, e se ne va tutta contenta”. Bella delicatezza. Mi piace.
Qualche attimo di pausa e arriva un bidone di plastica di almeno 10 litri. E’ il momento più atteso. Normalmente contiene il bilbil, la birra di miglio che le donne fanno fermentare. In quaresima l’alcool è vietato, allora la bevanda che si porta è simile al latte: il miglio non è fermentato. Posso bagnarmi le labbra anch’io. E’ uno spettacolo vederli bere. Si passa la calebàs, il contenitore di zucca che tanto ricorda il nostro “ciapèl”. Si mescola e rimescola. Due amici bevono contemporaneamente: le due bocche vicine vicine e la calebàs che si svuota. Non se ne perde una goccia.
Oggi è festa. Mentre tutti sorseggiano il bilbil, mi viene offerto un mango grosso e maturo. Inizio a sbucciarlo. Non mi va di buttare la buccia per terra. Siamo in un’aula di scuola. In fondo alla classe, per terra, vedo alcuni fogli di quaderno usati. Li raccolgo per mettervi le bucce. Mi guardano con meraviglia… Il più coraggioso va a prendermi un cartone usato come cestino della classe e mi requisisce i fogli di quaderno. Discutono un po’ tra loro e se li spartiscono. Sul momento non capisco. Poi sì. Non ci posso credere: le strappano a mano e diventano delle utili cartine per fumare le sigarette…
Segue il ritorno a casa. Un buon caffè italiano. Un sonnellino. E si riparte. Buon appetito!