Tutta una vita dedicata ai più poveri e un grosso progetto da portare a termine. Padre Arturo Speziale, missionario del Pime di Milano, 66 anni e originario di Sirta di Forcola, è tornato in provincia per trascorrere con la sua famiglia due mesi di vacanza. Ma non solo per quello. “Sono missionario in Bangladesh da 25 anni e prima ancora ho trascorso quasi 5 anni in India – racconta padre Arturo -. Ho operato per 6 anni prima in una palude nel Sud del Bangladesh, poi in un centro semi cittadino, ed infine per quasi 13 nella grande metropoli di Dhaka, la capitale del Bangladesh con più di 10 milioni di abitanti.
A Dhaka l’apostolato ed il servizio sociale urbano era piuttosto difficile ed assorbiva molto tempo, perché i pochi fedeli Cristiani erano sparsi su un area con un raggio di più di 7 Km. Qui i Cristiani sono pochi (circa 1.500), in mezzo ad una popolazione di più 2 milioni di Musulmani, qualche migliaia di Hindù e Buddisti. Oltre al servizio pastorale, sociale dei Cattolici, avevo molte chiamate dagli ammalati nei tanti ospedali e cliniche private della zona. Inoltre mi sono anche impegnato per lo sviluppo sociale ed educativo degli spazzini, che parlano la lingua Telegu, perché emigrati dallo Stato dell’Andhra Pradesh del Sud India. Essi sono una minoranza etnica emarginata e segregata dalla maggioranza Bengalese, perché considerati “cultualmente impuri”, a causa della loro professione di spazzini. I loro bambini non andavano a scuola, dal 1997 tutti vanno a scuola e tra questi 8 ragazzi e ragazze studiano già nelle scuole superiori. Per questi intoccabili ho profuso tante energie e tanti aiuti ricevuti da vari benefattori Italiani.
Avendo sempre nostalgia per i villaggi del Bangladesh, dove mi sento più unito con la gente, dal 2000 ho iniziato una nuova missione che consiste in 5 villaggi nel distretto di Manikgonj (nome della cittadina capitale del Distretto, il cui significato è centro o porto dei gioielli). Proprio in questa zona c’è la confluenza dei due grandi fiumi dell’India e del Bangladesh, il Gange, che nasce dall’Himalaia ed il Brahmaputra, che nasce nel Tibet ed entra nel Bangaldesh dal Nordest. Questa è una zona colpita da gravi alluvioni. Il centro della Missione è il grosso villaggio di Utholi, a 85 km dalla capitale. Qui ho due convitti gratis, chiamati Boarding o Ostelli, uno per bambine e ragazze, 50, chiamato St. Angela Girls’ Home ed uno per i bambini e ragazzi, quasi 50, a 500 metri di strada, chiamato St. Josph Boys’Home. Ho anche una scuola con 80 alunni/alunne, chiamata St. Angela Catholic Primary School. Questi sono i miei gioielli nel Distretto di Manikgonj, vengono da famiglie poverissime, senza terra, senza una capanna decente. A causa dell’erosione del fiume hanno perso tutto.
“Dal 2004, quando ho visto i disastri della prima alluvioni, prima solo per me, ho sempre cercato di risolvere il problema abitazione per 55 famiglie. Il mio progetto è quello di comprare un terreno lontano dal fiume, fare la ripiena di terra alta almeno due metri e mezzo e su questo terreno rialzato costruire delle capanne o casupole per queste famiglie, che al presente vivono sugli argini. Ma per fare questo c’è bisogno di soldi”.
La missione di padre Arturo si trova relativamente vicino a quella che era affidata a padre Giacomelli, il sacerdote di Valfurva morto il mese scorso in un incidente stradale proprio in Bangladesh. “P. Sandro si dedicava soprattutto agli operai delle industrie tessili e metal-meccaniche – continua padre Arturo – e io lavoravo spesso con lui. Ora sotto la mia cura è passata anche la sua missione nel Distretto di Gazipur, a Nordovest di Dhaka, perché non ci sono persone che lo possano sostituire”. Il grosso del lavoro di padre Arturo, che ripartirà per il Bangladesh il 27 novembre prossimo, ora è quello di dare una casa a 55 famiglie. “I villaggi della mia missione sono cinque – conclude padre Arturo – e oltre ai due Convitti e la scuola elementare nel centro di Utholi, ho altre tre scuole elementari con 125 alunni/alunne. Anche questi bambini molto poveri che vivono in baracche lungo il fiume, che qui si chiama Jamuna. Le loro abitazioni vengono spesso distrutto o rovinate dalle inondazioni frequenti. Il problema dei fiumi in Bangladesh è che sono pieni di detriti e non essendo abbastanza profondo il loro letto, sono soggetti a frequenti straripamenti. Tante famiglie vivono lungo le rive in terreni di altri che possono sfruttarli e cacciarli a loro piacimento. Ora vorremmo prendere un terreno, rialzarlo e costruire delle capanne di lamiera e bambù, però essendo su un terreno rialzato saranno più solide e non saranno facilmente soggette alle alluvioni”.
“Abbiamo già raccolto dei fondi, ma non sono abbastanza per costruire le capanne per gli alluvionati – dice padre Arturo”.