23 novembre 2007, Sao Mateus – Brasile Mons. Aldo Gerna Vescovo dimissionario

 

Carissimi.
“Amministratore diocesano” è il nuovo titolo che il codice di diritto canonico mi attribuisce, dopo l’accettazione formale della mia rinuncia alla direzione della Diocesi, da parte della Santa Sede. Le responsabilità e il lavoro continuano uguali fino al 15 dicembre, data combinata per l’ingresso del nuovo vescovo nella diocesi di Sao Mateus.
Questo significa che a Natale sarà libero dall’incarico di vescovo diocesano di S. Mateus, lavoro e grazia della mia giornata umana per 36 anni.
Sentirò nell’anima l’assenza fisica del popolo a cui ho dato tutto quello che potevo dare secondo il dono di Dio e i limiti imposti, ad ogni creatura. Dallo stesso popolo ho ricevuto il sostegno morale e materiale per la necessaria resistenza e perseveranza.
“Saudale” é la nostra parola locale che definisce il sentimento spontaneo del momento. Vuol significare uno stato d’animo in cui il fattore emozionale prevale sulla freddezza della ragione.
Cerco la pace, motivata, inquieta, sapendo che lasciare la cattedra episcopale non significa abbandonare il campo del servizio presbiterale. Sarà piuttosto un invito a salire con maggior frequenza sulla montagna simbolica con Mosé, pregando come lui, braccia in alto, in favore di chi sta ancora combattendo in basso, nella pianura.
Anzi dovrei dire meglio, e quasi non oso farlo, salire sulla montagna per stare in colloquio con il Padre come faceva il Maestro Divino, nei momenti più incisivi della Sua Missione.
Continuo ad identificarmi, con questa Chiesa di S. Mateus, teso fra il coraggio di profetizzare e le condizioni psico-fisiche di fragilità e insufficienza, nel confronto quotidiano con situazioni complicate ed esigenze di presenze sempre più limitate e impossibili. Non mi è chiaro fino a che punto questo discorso possa interessare a voi, parenti ed amici, con cui dialogo da anni sulla esperienza della missione, sempre in tono minore ed immediato.
È arrivata la sera, quando la fatica della giornata si fa più evidente e stimola il rifugio in casa. Alcuni bambini mi chiamano “vovo” cioè nonno, da cui aspettano un sorriso ed un gesto benevolo di affettuosa comprensione ed amore verso di loro. Le comunità non nascondono la loro gratitudine, amicizia e grande affetto al vescovo, un po’ increduli sulla verità della sua ritirata. Da parte mia, ricevo gli omaggi non richiesti con ragionevole spontaneità. Penso però ai prossimi vuoti che si apriranno per lasciare più ampie opportunità alla contemplazione orante, alla lettura, alla musica classica, alla lode di Dio, alla corona del rosario fra le dita. Non potranno mancare i movimenti fisici per mantenere in attività l’organismo, approfittando il lungomare di Guriri, la spiaggia di S. Mateus, verso la quale sto indirizzandomi.
Penso alla assoluta necessità di servire ancora al popolo di Dio in qualche modo, dentro delle limitate possibilità.
Ci sono in attesa ospedali con molti ammalati senza il minimo di assistenza religiosa, se non quella offerta da protestanti, naturalmente non sempre desiderata dai cattolici. Ci sono ammalati senza fine, degenti nelle loro abitazioni… E’ un campo enorme per una importante e discreta attività pastorale. Ci sono comunità in attesa di una Messa in più, di una presenza più assidua del sacerdote. Il pericolo della disoccupazione non é il mio caso.
Farò parte della comunità dei Comboniani, nella vicina isola di Guriri, a 11 km dal centro di S. Mateus. E’ la nostri spiaggia, lunga, ampia, con mesi e mesi senza turisti. L’isola invita a guardare verso l’Africa, la terra amata dal Comboni e dai Comboniani, la cui Congregazione era chiamata inizialmente “Missioni Africane”. I nostri numerosi neri di Sao Mateus e del Brasile sono stati strappati dalla loro Africa, schiavizzati, qui trasportati come esseri non umani, non gente, forse anche “senza anima”, dicevano allora. Quanta crudeltà, quanta ingiustizia. Si rabbrividisce ancora al solo ricordo di tanta ferocia di quei tempi imitata oggi in altre forme.
In questi ultimi mesi, il nostro Lula ha creato un programma destinato, almeno nelle intenzioni del Presidente, a restituire dignità e giustizia ai neri. Offre loro terra per organizzasi in comunità di vita collettiva d’accordo con la loro antica cultura. Offre assistenza in tutti i sensi. È offerta non imposizione. A me il programma pare un tanto equivocato. Ne ho parlato lungamente giorni fa con una commissione del governo in visita al vescovo di S. Mateus per convincerlo a dare il suo appoggio. Ho non pochi dubbi sulla riuscita. Le intenzioni sono certamente degne di un grande umanista: il nostro Lula meriterà tale titolo?
Da parte mia lo ammiro. Ha fatto molti sforzi per cambiare la direzione della nostra storia di 500 anni. Le resistenze da tutte le parti lo hanno in parte bloccato. Almeno sta salvando da una vergognosa fame molta gente: Paternalismo? È l’accusa, io domando che cosa voleva dire Gesù Cristo quando comandava agli apostoli: dategli voi da mangiare.
E sulla Diocesi non ho nulla da dire? Molto, moltissimo. Dico solo l’aspettativa del nuovo vescovo si va imponendo come evento naturale desiderato perché simpatico e necessario. Tale clima fa bene a chi parte, definiti dal Signore “servi inutili” (a proposito: i biblisti ci potrebbero spiegare bene il pensiero di Gesù?). Fa bene a chi arriva: andate anche voi nella mia vigna!
E vado concludendo con il saluto che vorrei carico e portatore di tutta la nostra amicizia e fraternità in questi 50 anni di missione che completerò, a Dio piacendo, nel prossimi giorni. Penso sia così: “lo avete fatto a me” (parola di Gesù). Vi abbraccio. Vi benedico. È il Signore che sta in arrivo di nuovo. Aprite le porte! É Natale.

Dom Aldo Gerna