28 aprile 2009, Rhumzu – Camerun Dopo tanto silenzio

Ciao a tutti dal Cameroun visitato dal Papa!
In molti si sono lamentati per il lungo silenzio… L’occasione di accedere ad internet è sempre più rara. Ne approfitto.
Dopo il tour de force della Quaresima, il nostro Vescovo Philippe ha celebrato il Triduo Pasquale a Rhumzu. E’ sofferente, ma non si è risparmiato nell’incontro con le persone che lo hanno accolto e apprezzato.
Inaspettatamente la pioggia ha iniziato a cadere con violenza degna del mese di Luglio. Subito, dalla terra si sono sollevati sciami di termiti volanti e maggiolini. Poco apprezzati da chi viaggia in moto. Apprezzatissimi dalle galline… Le papaie stanno scomparendo, per fare spazio ai manghi. Eh sì. La stagione sta cambiando.
Ho inviato in Italia un semplice dvd, preparato da Laura, sulla scuola e sul sistema scolastico in Cameroun. Se interessa a qualcuno… penso potrete trovarlo al centro missionario diocesano di Como. Chiedo scusa a chi non ho ancora risposto…
Buona Pasqua!

don corrado

La CEV di Gwayantaiakola
Verso sera, la grande strada che attraversa la regione dei Kapsiki, a Rhumzu, è ben animata. Il tramonto tra le montagne da un effetto di luce stupendo. Peccato non possiate sentire il profumo e… il sapore della polvere nostrana che sale dal terreno. Da ormai 6 mesi la terra chiede acqua. Tre ragazzi mi invitano a fare quattro passi insieme. Accetto volentieri. Dopo qualche centinaio di metri ci troviamo davanti ad una casa rettangolare come tante. E’ costruita in mattoni di fango. Il tetto in lamiera. Non è diversa dalle case circostanti. Non ha segni particolari. Due finestre, senza porta. E’ la cappella che accoglie una CEV nata da poco. CEV sta per Comunità Ecclesiale Vivente. Da noi si direbbe “Centro di Ascolto” della Parola; in America Latina “Comunità di base”. La comunità del centro, diventata ormai numerosa, si è divisa in diverse CEV per evitare l’anonimato dei grandi numeri. E’ la CEV di Gwayantaiakola. I miei accompagnatori ridono ogni volta che cerco di pronunciare la parola, e mi invitano ad entrare: “Mon père, è il giorno della catechesi”.

Seduti su mattoni o su pezzi di legno, appoggiati al muro lungo tutto il perimetro della stanza, una ventina di adulti. Anche un folto gruppo di bambini piccoli segue con attenzione, seduti per terra vicino alla porta. Quando sono stanchi, escono, per poi tornare, senza disturbare. Lambert, il catechista, è là. Saluto. Chiedo che facciano come se non ci fossi.

La preghiera inizia. Il catechista la guida. Riprende il Vangelo: la parabola del grano e della zizzania. E poi si condivide quello che la Parola suggerisce a ciascuno. Ci si domanda come viverla nel proprio quartiere. Come risolvere i piccoli problemi che la vita quotidiana pone… Catherine è ammalata, va visitata. Kourou, non fa parte della comunità, ma è una “vecchia maman” che ha bisogno di un po’ di miglio. I bambini del CopMonde (l’ACR) sono disponibili a portarle l’acqua pescata al pozzo… In diversi prendono la parola. Senza paura. Con semplicità. Ricordo in Italia: “Reverendo, venga pure a casa nostra per il centro di ascolto, ma non ci faccia parlare…” Qui non si fanno problemi. Il catechista, di tanto in tanto, interviene, con discrezione. Parlano il kapsiki. Difficile per me capire, ma cosa non darei per poter condividere con loro questo momento.

Li lascio. La passeggiata continua. Ma sento un po’ di nostalgia di quella piccola comunità. Uomini e donne che, dopo aver lavorato tutto il giorno nei campi, si ritrovano a chiedersi come essere buon grano nel campo del mondo, come vivere la pazienza e la fortezza tra la zizzania che si insinua tra di noi e trasforma dei fratelli in nemici. “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome…”

La passeggiata continua. Al ritorno ripassiamo dalla cappella. L’incontro è finito. Gli adulti sono rientrati a casa. I bambini giocano con una palla improvvisata. I più piccoli scappano alla vista dell’uomo bianco. Tre ragazzine s’intrecciano i capelli a vicenda. All’incrocio una donna frigge dei bigné. Due uomini, seduti su un tronco, fuori da un bar, parlano tra di loro. Davanti alle loro case, delle donne decorticano le arachidi con movimenti ormai meccanici e veloci. E’ la vita del villaggio che scorre con i suoi ritmi… Entro in casa. Ma mi resta la nostalgia del Vangelo. Ascoltato, condiviso, vissuto. In una piccola CEV. In un piccolo villaggio dell’Africa. Un pizzico di lievito nella grande pasta del mondo.

Esco in giardino e, con sorpresa, mi accorgo che il flamboyant dietro casa ha iniziato a dare i suoi fiori rossi. Le piogge sono ormai vicine. La gente inizierà a preparare i campi. A togliere la zizzania che infesta il terreno, per ben seminare. Un lavoro duro. Ma non più duro del continuo lavorìo che ci è chiesto per togliere la zizzania che spesso infesta il nostro cuore.