3 settembre 2009, Mogodé – Camerun E la vita in missione riprende

Agosto 2009. Eccomi tornato in Africa dopo un po’ di riposo in Italia.
Ringrazio le parrocchie, gli oratori, gli asili, i grest, i gruppi missionari e gli amici (di Dubino, Torre, Regoledo, Nuova Olonio, Domaso, Lanzada, Chiesa V., Ponchiera, S. Cassiano, Novate M., Sondrio Rosario, Traona, Mossini, Pianezzo, Garzeno, Morbegno, Tresivio…) che mi hanno accolto. Anche alla nazionale italiana di basket!
Grazie per le diapositive e per gli abiti da sposa. Mi sono commosso di fronte ad un bigliettino trovato tra un velo bianco: “dopo 50 anni… ancora”
Chiedo scusa a tutti coloro che non sono riuscito ad incontrare… E per alcuni è stato grave! Soprattutto se ammalato o anziano. Purtroppo il tempo sembrava tanto, ma…
E qui la pioggia scende copiosa. Da una settimana manca l’elettricità. Gli studenti mi hanno demolito una vecchia scuola per racimolare qualche soldo e ricominciare la scuola. Tra poco aprirà le porte anche il nuovo liceo “St. Charles Lwanga” di Mogode.
Sorpresa: in giardino son cresciute due grosse angurie!
Purtroppo qualche bambino, che a giugno era malato, non c’è più, e l’amico Dominique è a letto, debole, con qualche problema di demenza senile… (“Mon père, sono le tappe della vita!”).
La vita in missione riprende. E, se non disturbo, ve la racconto un po’…
Ciao!
Corrado

 

Convertire o convertirsi?

 Una domanda

“Perché vai in Africa?” Dopo la Messa, mi aveva invitato a bere il caffè. La domanda era uscita mentre risciacquava le tazzine, dandomi le spalle, quasi fosse un pensiero ad alta voce: “Perché andare giù? Perché portare il Vangelo?” Una donna semplice, ma arguta. Sensibile. Più volte l’avevo trovata assetata di risposte. “Non stanno già bene così? Loro vanno avanti con le loro credenze…”

 Una domanda girata

Lasciando i teologi alle loro discussioni, ho serbato nel cuore quella domanda e, arrivato in Cameroun, ho posto più volte questa domanda ai diretti interessati. Soprattutto ai più anziani, a chi ha visto i primi passi dell’annuncio del Vangelo. Nel Nord del Cameroun, i primi missionari cattolici sono arrivati negli anni ’50. (I colonizzatori francesi non vedevano di buon occhio i missionari: meglio favorire i capi musulmani locali. Meno ingombranti per chi non ha tempo da perdere e vuol tanto guadagnare…)
La risposta è stata sempre la stessa: “Da quando il Vangelo è venuto da noi, da quando l’abbiamo accolto, molto è cambiato. Anche prima pregavamo, ma ora sappiamo che il Dio del cielo è papà. Prima sacrificavamo animali per tenerci buono Dio, ora sappiamo che è Lui che si è sacrificato per noi. Prima si viveva divisi: c’erano più furti, omicidi… e ti tagliavano anche la testa. Ora c’è più comunità”.
Oh, non mitizziamo. Furti, liti e omicidi ci sono ancora. Ma quello che la gente percepisce è un senso di liberazione, di fraternità. E se è un cristiano che commette il male, c’è una reazione di sconforto che prende tutta la comunità. Capisci allora che il Vangelo ha cambiato, in meglio, la vita di quella piccola minoranza (10%?) che l’ha accolto e che è lievito per gli altri.

 La vera domanda

Torniamo alla domanda della signora di prima? Riflettendo un po’, il senso della sua domanda mi è apparso più profondo.
Penso abbia ragione Jean Léonard Touadi, quando afferma: “L’Africa è lo specchio gigante dentro il quale proiettiamo noi stessi… E ogni volta che parliamo di Africa, se siamo sinceri, finiamo per parlare di noi stessi”.
Eh, sì! Quella signora parlava di se stessa. Delle domande che si portava dentro. In realtà, quel giorno, mi chiedeva: “Ma, il Vangelo, serve davvero per vivere bene? Può cambiare la vita di una persona? Vivere con Gesù o senza di Gesù è la stessa cosa? Insomma: il Vangelo è capace di rendere bella la mia vita?” A ciascuno la risposta.