9 ottobre 2008, Rhumzu – Camerun Tra ritorno a scuola e precarietà

Ciao  tutti!
L’ultima volta parlavo della buona stagione…
E’ pazzesco pensare come due settimane senza acqua possano rovesciare le sorti di un raccolto e quindi il futuro di un popolo che dipende tutto dall’agricoltura… Ma, per fortuna, non è ancora detto. Speriamo! Mais, arachidi e patate sono ormai maturi. Vedremo il miglio e la soia…
Per il resto va tutto bene. Partiti gli ospiti estivi, passati i mesi di rodaggio, il gioco si fa duro. Tutte le attività ricominciano… E allora… buon lavoro a tutti!!!

corrado

Ritorno a scuola! Ritorno a scuola?
I primi giorni a Rhumzu coincidono con il rientro a scuola. Fuori dallo studio una fila di giovani e di ragazzi. Chiedono un aiuto per il rientro scolastico. Tanti sono conosciuti. Tanti sono nuovi. Tanti hanno veramente bisogno. Tanti… ci provano. Come quei due simpatici fratelli di Mbougaghou che vengono a piangere miseria: “Aiutaci, mon père, siamo orfani da tanto”… Ma il papà era appena uscito dal mio ufficio. Di certo non è sempre facile giudicare le vere necessità. La fortuna è poter consultare i responsabili di comunità che conoscono le persone e le famiglie.

I genitori più attenti s’interrogano seriamente. Così Ngong Jacques: “Al villaggio noi parliamo molto del rientro a scuola. Abbiamo molti figli: bisogna mandarli tutti a scuola. Nel mio caso un bambino e una bambina alle elementari, un ragazzo in prima superiore (la sixième), un altro ragazzo che inizia la quarta (la troisième) e una ragazza in Terminal (settimo anno di superiori). Bisogna acquistare le divise, i libri. Bisogna anche cercare qualcuno che li possa ospitare in città. Ho calcolato che avrò bisogno di 146.000F. Ho depositato i miei risparmi alla CEC (cassa di risparmio e di credito diocesana): 65.000F. Pensando bene, ho due capre che posso vendere. Cerco di nutrirle bene per venderle all’inizio dl prossimo mese. Avrei voluto venderle all’inizio di ottobre per la fine del Ramadan, ma è troppo presto… Mi mancano ancora 30.000F. Come fare? Abbiamo cercato di riflettere in gruppo. Si parla di impegnarli sul guadagno del prossimo raccolto. Ma, quest’anno, il miglio non è particolarmente bello. Non sappiamo se ce ne sarà abbastanza per la famiglia. Non abbiamo trovato la soluzione…”

Sono ogni giorno stupito della precarietà in cui si vive. Jean Noel è un giovane del centro. Durante l’estate (ops! qui si dice “stagione delle piogge”) è riuscito a guadagnare qualcosa che ha depositato qui da me. La sera si presenta a casa. Sorride. “Mon père, vorrei ritirare i miei soldi perchè domani vado in città per riprendere la scuola…” Do i soldi. Il mattino seguente bussa alla porta molto presto. E’ triste. “Mon père, i miei genitori hanno detto che non possono pagare la scuola. Puoi tenermi ancora tu i soldi? Resto al villaggio e aspetterò un anno…(qui si dice: farò un anno bianco)” Lo guardo. Non chiede niente altro. Lo lascio. Il giorno dopo è ancora là: “Mon père, i miei mi hanno dato i soldi. Parto. Mi puoi dare il mio credito?”

Il college Jacques de Bernon è il liceo diocesano di Maroua. Sono parecchi ormai i nostri ragazzi che lo frequentano. Per l’inizio della scuola ci prendiamo noi la briga del trasporto delle merci. Ognuno porta un suo sacchetto di miglio o di mais, qualche casseruola e una fascina di legna. Il tutto servirà per cucinarsi i pasti. Noleggiamo un camion. Parte. Ma, a Maroua, la forestale ci confisca il camion: da dove viene la legna? Dovrà intervenire il vescovo per risolvere il problema…

In casa il pane è finito. Vado a cercare qualche bignè di farina. La lampadina del bar dell’incrocio è accesa. Il bordo della strada riceve uno spiraglio di quella luce. Seduti per terra, quattro bambini. Un quaderno in mano. Scarabocchi sulla sabbia. Cercano di approfittare della poca luce. Mi avvicino. Mi riconoscono. “Stiamo studiando!” Mi dice il più coraggioso. “Se ti faccio una domanda, mi rispondi?” Avrà 11 anni, non di più. “Se so, ti rispondo”. “Stiamo studiando la tratta dei neri. Hai capito? Sai cos’è? E’ la schiavitù!” Gli altri tacciono. Poi la vera domanda: “Possiamo venire a studiare alla luce della tua veranda?” “Non è bene fare mercato a casa del père, ma se è per studiare, quando volete…” “Grazie! Abbiamo chiesto perchè non è bene arrivare lì bruscamente”. Penso. Forse una sala di studio illuminata potrebbe servire anche a Rhumzu… Ci penserò.