Carissimi
Sono suor Amelia Gurini di Isolaccia, (Sondrio) appartengo alla Congregazione delle suore delle Poverelle di Bergamo e vivo a Kinshasa in RDC. Vi raggiungo con qualche pensiero sul vissuto Coronavirus in Congo-Kinshasa sperando che possa servire. Intanto permettetemi di dire che con la comunità vi siamo state molto vicine con la preghiera e un costante pensiero.
Ecco la nostra visione
In questo periodo con le consorelle, abbiamo seguito molto da vicino il dramma di Coronavirus nel mondo e nella nostra amata Italia. E’ una storia d’angoscia, di inquietudine e di dolore vissuta da molti e non lascia indifferenti nessuno. Anche se non in prima linea non siamo certo rimaste spettatrici, poiché alle spalle abbiamo l’esperienza dell’epidemia di Ebola a Kikwit nel 1995, vissuta in prima persona durante la quale 270 persone sono morte e tra queste sei nostre suore che hanno consumato la loro vita per restare fedeli al popolo verso il quale sono state inviate.
Fisicamente lontane, abbiamo seguito l’evolvere della situazione e sofferto con voi per la perdita di persone care : sacerdoti, amici consorelle e parenti. Anch’io ho perso una sorella che se né andata, lasciandoci per consolazione, il nobile e coraggioso gesto cristiano, di aver ceduto il respiratore che le è stato proposto, a qualcuno più giovane di lei. Abbiamo perso anche diciassette consorelle, quattro relativamente giovani ancora in piena attività e le altre, anziane in casa di riposo. Erano persone straordinarie, ricche di una forza evangelica coinvolgente e di tanta sapienza maturata nel tempo e alla prova delle fatiche e delle difficoltà. Eran molto legate a noi per la preghiera. Tra queste, anche due missionarie rientrate qualche tempo fa in Italia per ragioni di salute.
Ora in Italia la tensione va pian piano allentando e si spera di poter ritrovare presto la libertà di movimento, la serenità e la ripresa.
In RDC un primo caso è stato riconosciuto il sei aprile 2020 e il dieci aprile il Presidente ha chiuso le frontiere, le scuole, i luoghi di culto e pubblici e ha dato il via alla sensibilizzazione della popolazione. Il quartiere che ha avuto il 1° caso é stato confinato durante 14 giorni e progressivamente è stato de-confinato. Il resto della popolazione, pur con qualche precauzione, come il lavaggio delle mani, le mascherine la distanza di un metro, e la riduzione del numero dei passeggeri sui mezzi pubblici, vive normalmente la giornata in cerca di sussistenza quotidiana fatta di commercio informale: « compro, vendo, ricompro e rivendo ancora, fino a quando ho racimolato il necessario per il quotidiano sostentamento della famiglia ».
Il contagio avanza di una decina di persone al giorno senza però fare troppe vittime. Se quanto ci dicono i media corrisponde a verità, dal giorno sei aprile ad oggi, i contagiati sono 463, 30 le persone decedute, 50 quelle guarite.
Ci dicono che il peggio non è ancora arrivato ma speriamo non arrivi mai. Per questo in comunità si è intensificata la preghiera a l’intenzione del mondo intero, e del Congo in particolare: adorazione, novene, Via Crucis preghiera silenziosa, partecipazione alla celebrazione eucaristica del S Padre a S. Marta via TV, per implorare dal Signore la fine della pandemia e perché volga il Suo sguardo di misericordia e di predilezione sul nostro popolo già troppo provato da tante sofferenze. Che sarebbe di Kinshasa se la situazione precipitasse … Mancano strutture di accoglienza, respiratori, materiale di protezione per il personale sanitario, impossibilità di restare confinati ecc…..
Il rischio del contagio é presente, la gente lo sa e lo vive con una certa apprensione, ma non ha alternative…. o rischi sperando che ti vada bene, o la fame per te e tutta la famiglia. In effetti il Governo non ha previsto nulla per la gente se non la buona informazione e i buoni consigli. Nemmeno le mascherine, obbligatorie per decreto Presidenziale sono distribuite gratuitamente e la gente oltre a non trovarle in commercio non può permettersi l’acquisto. Se ne vedono in giro di ogni tipo fatte di foulard, scialli, sacchetti di plastica, fazzoletti da naso… poco importa basta avere qualcosa da coprire la bocca. Davanti al bisogno urgente le nostre giovani suore hanno cominciato a confezionare mascherine di stoffa bianca o colorata da distribuire gratuitamente ai poveri, al personale che lavora e alle loro famiglie.
In questo periodo, è aumentato anche il numero dei poveri che bussano alla porta in cerca di aiuto. Sono soprattutto mamme che non possono più mettersi sulla strada a vendere piccoli prodotti o gente di strada che trovano porte chiuse alla carità. Nel limite del possibile rispondiamo ai bisogni e approfittiamo per dare una parola di consolazione e un richiamo al rispetto delle regole di igiene. Devo dire che sono molto attenti e rispettosi del confinamento delle suore, si coprono la bocca e mantengono le dovute distanze per proteggerci.
Cio’ che mi pare vero è che Coronavirus, ha chiuso le frontiere geografiche, ma ci ha permesso di sentirci più uniti, più solidali e forse anche più uguali. Da un capo all’altro della terra infatti, tutti stiamo remando sulla stessa barca in cerca di salvezza e mi auguro che la fine della pandemia possa ridonare a tutti il gusto e la gioia di sentirsi fratelli.
Assicuro la mia preghiera per il Nostro amato Vescovo, la nostra Diocesi e per tutti coloro che sono stati particolarmente provati.