gennaio 2009 – Intervista a don Giusto Della Valle –

 

Tra modernità e tradizione: come cambia la coscienza del bene comune in Camerun

Don Giusto Della Valle, missionario della Diocesi di Como in Camerun da più di dieci anni, ha risposto ad alcune domande sulla situazione della società civile e la coscienza del bene comune in quella porzione di Africa.

Come vive la gente la partecipazione alla vita pubblica?

Credo che per capire la situazione attuale del Camerun, occorra fare, brevemente, un po’ di storia. Si viene infatti da società tradizionali che sono state parzialmente sconvolte dall’esperienza del colonialismo. Qui, nell’estremo nord del Camerun, il colonialismo ha utilizzato il sistema di governo musulmano, fondato sui capi-villaggio. Venuta l’indipendenza si è copiato, più o meno, il sistema amministrativo, giudiziario e politico francese. È rimasta però l’organizzazione dei capi-villaggio, affiancata a quella nuova. La prima è molto piramidale: c’è innanzitutto il grande “chef”, poi, attorno a lui e alle sue dipendenze, tutta una rete di veri e propri “vassalli” che sono i suoi portaordini e gli dicono cosa avviene nel villaggio. In questa struttura lo spazio di partecipazione della gente è molto ridotto. E ciò ha abituato la gente a non sentirsi coinvolta nelle decisioni e a delegare la gestione del potere. La strutturazione attuale dello stato, importata da un modello europeo, estraneo alla cultura locale, introduce dei meccanismi di partecipazione, ma poco valorizza l’organizzazione tradizionale della società. C’è una grande fatica nel conoscere e assimilare un sistema che non si sente come proprio. E, contemporaneamente, si fatica ad elaborare modelli nuovi di società che integrino tradizione e modernità.

Ci sono dei segnali di cambiamento?

Sì. Soprattutto grazie alla scuola, all’educazione. Quanta più gente istruita c’è, tanto più cresce la coscienza del bene comune. In questo possiamo dire che si vedono dei passi avanti.

Quali sono gli ambiti e le forme di partecipazione?

Innanzitutto nell’amministrazione comunale. Gli amministratori sono eletti dalla gente e, al loro interno, eleggono il sindaco e i consiglieri comunali. La cosa funziona, in teoria. Di fatto poi, spesso, i consiglieri comunali si limitano ad avallare le decisioni prese da chi è al vertice, e il sindaco è quasi un monarca assoluto.

Una visione fatta di luci e di ombre, quindi.

Certo. E lo stesso si può dire del rapporto tra sviluppo e politica. Attorno ai beni principali, come l’acqua, la scuola, la sanità c’è una richiesta della base agli organismi pubblici, dallo stato alla chiesa alle organizzazioni non governative. In questo ci si mobilita e il governo lascia fare. L’impressione è però che, a livello politico, tutto sia invece controllato: c’è un partito unico al governo, con una quarantina di piccoli partiti di opposizione. Questi vengono lasciati nascere per dare una parvenza di democrazia, ma in realtà hanno scarsa incidenza: che domina è un partito solo. Se uno, da cristiano, volesse entrare in politica, avrebbe di certo una vita dura, perché tutto è già determinato dall’alto, e non ci sono spazi di vera democrazia. L’ultimo fatto che ha suscitato parecchie perplessità e proteste, è stato il cambio della Costituzione ad opera del partito al governo, per permettere la rielezione illimitata dell’attuale Presidente. L’Assemblea Nazionale ha stabilito che il Presidente possa rimanere in carica a tempo indeterminato e, tra i partiti di opposizione, uno solo ha sollevato delle proteste.

E a livello più locale come è la situazione e cosa sta facendo la chiesa per creare sensibilità maggiore?

Da un punto di vista strettamente politico è importante chiedere alla gente e promuovere un maggiore coinvolgimento. Pensiamo ad esempio a come vengono spesi i soldi pubblici, al fatto che i bilanci preventivi e consultivi non vengono quasi mai resi noti. Si cerca, anche come comunità cristiana, a livello di Piccole Comunità Ecclesiali Viventi (CEV), di insistere presso le autorità perché invece la gestione del bilancio venga fatta conoscere, e sia così controllata. Ad esempio, lo scorso anno si è riusciti a recuperare il bilancio preventivo e consultivo del comune di Mokolò, lo si è distribuito a tutte le CEV e si è chiesto di leggerlo e discuterlo insieme. Alcune hanno accettato ed altre no. Soprattutto que-le più vicine al sindaco, cattolico, sono state riluttanti. Domina ancora la paura di ritorsioni da parte dei politici e dei capi-villaggio. A proposito di questi ultimi non sempre sono un esempio di onestà. Basti pensare che un po’ di tempo fa, uno di loro, è stato scoperto e denunciato perché in combutta con una banda di ladri di bestiame.

Gennaio 2009

intervista di Benedetta Musumeci.