13 dicembre 2014 – La casa di Nazaret
L’inizio del tempo di Avvento corrisponde, più o meno, all’inizio del caldo torrido. La maggior parte delle strade che collegano le dodici zone pastorali della nostra parrocchia di san Pedro de Carabayllo – nell’estrema periferia nord di Lima – è piena di sabbia. Una sabbia fine, bianca, impalpabile. Te la trovi addosso, nelle scarpe, tra i capelli, sotto di denti. Sui bei presepi colorati che cominciano ad apparire con la festa dell’Immacolata non serve riprodurre la classica spruzzata di neve: ci pensa la sabbia a dare un tocco tutto speciale.
Questa mattina ho visitato Delia. Con i suoi quattro figli vive in affitto in un garage. Una sola stanza, un solo letto, un solo piatto. Suo marito ha assolto il dovere della procreazione, ma ha pensato bene di affittarsi un appartamento dall’altra parte del Perù. Busso alla porta e Delia mi apre con un sorriso. I tre bimbi più grandi sono a scuola. Sul letto dorme come un angioletto il piccolo Christofer che tutti chiamiamo “el Gordito”, cioè “il Cicciotto”. Soprannome pienamente meritato. Mentre Delia ordina con cura un po’ di riso e frutta che le ho portato, conversiamo dei bimbi, di un dente che le fa male e della bombola del gas che è quasi finita… Mi chiede cosa farò a Natale. Le dico che ancora non lo so. Mentre Delia finisce di sistemare gli ultimi manghi, il Gordito inizia a muoversi e si mette in piedi sul letto. Avvolto da una coperta colorata e inzuppato di sudore, sembra un piccolo esploratore del deserto! Mi riconosce e al volo mi allunga le manine paffute per farsi prendere in braccio. Provo ad asciugargli un po’ la fronte con l’angolo della mia maglietta e lui ride come un pazzo. Mi si avvinghia al collo sgambettando e io mi guardo attorno. Mancano solo il bue e l’asinello. Abbraccio forte il piccolo Christofer e penso alla casa di Nazareth… Il Dio eterno, onnipotente, creatore del cielo e della terra ha scelto di abitare la nostra carne fragile, di farla sua, di amarla come la dimora più preziosa. In tutto quello che ha fatto si vede la sua gloria e la sua potenza, ma è in quello che si è fatto che si vede il suo amore e la sua passione. Si è fatto uomo, si è fatto bambino, si è fatto servo, si è fatto povero tra i poveri. L’Atteso si svela nella forma più inattesa. Mentre il Gordito mi tira la barba, provo ad immaginare cosa sentiva il buon Giuseppe stringendo tra le braccia il Figlio di Dio. Resto disarmato al solo pensiero. Che follia! Certo: così è l’amore… L’amore Suo, che conquista senza possedere, che illumina senza abbagliare, che scuote senza ferire, che stravolge per mettere ordine.
Perso tra i miei pensieri, ecco i tre fratellini del Gordito a riportarmi con i piedi per terra. Rientrano da scuola come un piccolo esercito maya e mi abbracciano saltellando. Nemmeno il tempo di salutarli come si deve e Delia appoggia su una sedia una ciotola di riso, patate e lenticchie. I bimbi prendono una forchetta e con ordine svizzero si mettono in cerchio intorno alla ciotola per pranzare. Saluto tutti con un abbraccio e li lascio perché possano mangiare tranquilli.
Mi avvio a piedi per raggiungere la jeep, bianca di neve peruana, parcheggiata tre isolati più in là e con lo sguardo saluto l’inferriata verde dietro cui vivono Delia e i suoi bimbi. Mi incammino e sorrido contento pensando di aver visitato la casa di Nazareth.