Il caldo si fa sentire con forza lungo la giornata, anche se il vento continuo l’attenua un po’. Don Felice ha inaugurato il nuovo dispensario di Ngwétchéwé. Purtroppo il vescovo non era presente: la salute non l’assiste… A Rhumzu e a Kossahai abbiamo aperto due sale di studio per gli studenti: è sorprendente vedere come guardano i libri scolastici che, fino al giorno prima, non avevano. Sono nati 3 conigli! Per i maiali… aspettiamo ancora.
alla prossima
Corrado
Amos e la tartaruga nel buco
Sono le 18 e 30. E’ già buio. Bussano alla porta. Apro. E’ Amos, un giovane maestro della nuova scuola di Vitte.
Amos è agitato. L’autocontrollo è una virtù. La regola è di non mostrare i sentimenti. Amos scandisce lentamente le parole, ma le mani sono nervose. Quel povero anello al dito, sotto tortura, avrebbe qualcosa da dire… “Mon père, ieri sono rientrato in classe dopo la ricreazione” (per ora la classe è ancora una tettoia di pali di legno coperta da steli di mais). “Vicino alla cattedra ho visto un po’ di sterco di gallina. Sotto c’era un buco. Ho scavato ed è uscita una tartaruga… Ho preso forza. Con un bastone l’ho allontanata, ma voleva tornare nel buco”. Domando per capire meglio, ma vedo che si risente. Pensa che mi prenda gioco di lui. Spiego che, semplicemente, non ho capito il problema.
“Mon père, tu sai che da noi c’è chi può ucciderti misticamente. Ci sono tre modi. Uno è il buco con la tartaruga. Il secondo è una polvere che ti mettono in testa quando sei in mezzo alla gente: non te ne accorgi, ma, dopo due ore, sei morto. Il terzo consiste nel soffiare sul vino. Se lo bevi, muori”. Riprende fiato: “Io non sto con la gente del quartiere. Non bevo vino. Ecco perchè la tartaruga”. Comincio a capire. Ascolto. Resto serio. Non è bene mancare di rispetto verso chi soffre.
Le autorità non vedono di buon occhio la scuola, allora chiedo: “Pensi sia un gesto contro la scuola?” “Se fosse stato contro la scuola, avrebbero scavato nel cortile… Hanno scavato sotto il mio banco! Volevano uccidermi. Solo il mio cuore che non ha fatto niente di male, il latte di mia madre che ho nel ventre e Dio mi hanno salvato!”
Chiedo ancora: “Chi può essere stato?” “Se facciamo l’inchiesta, vedrai che, sicuramente, è il fratello dell’ex fidanzato di mia moglie. Non era contento del mio matrimonio. In più è solito fare cose del genere al villaggio…”
Lo guardo. Si è un po’ sfogato. “Amos, tu mi conosci. Sai che vengo da lontano. Sai che non capisco bene tutto questo. Ma tu sei battezzato”. “Oui, mon père”. “Sappiamo che c’è gente che può fare tutto questo, ma tu sai anche che Gesù è più forte di ogni magia”. “Oui, mon père”. “Allora cerca di stare tranquillo. Se resti vicino al Signore e alla sua Parola non c’è sortilegio che possa toccarti”. “Oui, mon père”. “Il vero nemico dell’uomo, ciò che può veramente ucciderlo è la paura. Ma il Signore Gesù è venuto per vincere la nostra paura, per renderci liberi”. “Oui, mon père, è vero”. Sembra un po’ sollevato. Sembra convinto. Ma è difficile sradicare dal cuore antiche paure che ci sono state trasmesse da generazioni. Qui, come in Italia.
Gli consegno un piccolo Crocifisso. “Non è un contro-amuleto. Ma un piccolo segno che ti ricordi che Gesù è più forte, può liberarci dalla paura”. Riparte nella notte, come era venuto. 7 kilometri di strada lo attendono.
Il giorno dopo si presenta il direttore della scuola. Riprende il discorso: “Mon père, se tutto questo fosse successo in una scuola pubblica l’avrebbero chiusa. Il maestro si sarebbe rifiutato di entrare in classe fin quando un’inchiesta non avrebbe trovato il colpevole. Ma noi siamo una scuola della missione. Le lezioni sono continuate regolarmente. Ci siamo trovati e abbiamo deciso di mettere Dio davanti a tutto. Ora non abbiamo più paura…”
Ricordo quel giorno sul lago. Abili pescatori in preda alla paura per le onde violente, per un fantasma che tutti vedevano. Ma una voce tocca il loro cuore: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» La durezza di cuore si scioglie. La speranza rinasce. Sì! Per Qualcuno noi valiamo più di cinque passeri…