Cinquant’anni in Cina!
Come acqua fresca ad un assetato
così una buona notizia da un paese lontano.
Questa frase in inglese campeggia all’interno dell’ufficio postale centrale di Hong Kong. Scolpita su una tavola di legno, era collocata nel vecchio edificio delle Poste, quando le lettere impiegavano tempo ad arrivare a destinazione. Ora non è più così. Mi auguro comunque che questa mia lettera agli amici italiani giunga ugualmente come acqua fresca, porti cioè un messaggio di gioia e di speranza. Potrebbe essere l’ultima circolare che mando. Nessuna meraviglia. Come ha recentemente scritto agli amici Jean Vanier, fondatore delle comunità per disabili dell’Arca (ha la mia età): “Questo è il ciclo della vita, siamo programmati per crescere, ma anche per indebolire e poi morire”.
Ho una buona notizia da condividere con voi: l’11 giugno dell’anno che è appena finito ho celebrato il 50mo anniversario della mia ordinazione presbiterale. Vi invito a ringraziare con me il Signore per il dono di essere diventato prete e missionario. Dopo Dio, il mio grazie va a tutte quelle persone che hanno favorito prima, e poi accompagnato il mio cammino verso il sacerdozio. Nella mia famiglia non si è mai parlato di vocazione, ma l’atmosfera cristiana in cui si viveva ne ha favorito la nascita. Ringrazio quindi la mia famiglia, in particolare la mia mamma, ma anche tante persone che hanno influito su di me.
Poco dopo essere diventato prete, arrivai a Hong Kong. Fu come se la mia famiglia, la mia parrocchia di origine, il seminario del PIME dove sono stato formato, mi avessero consegnato ai cattolici di Hong Kong, dicendo: Adesso tocca a voi prendervi cura di P. Mario. Da quel momento la mia famiglia, i miei amici, il mio istituto sono passati in secondo piano e tra me e la gente di Hong Kong è iniziato un rapporto di amicizia. Li ringrazio per avermi accolto, aiutato e sostenuto in tanti modi. E quando sette anni fa ebbe inizio la mia presenza nella Cina continentale, il rapporto di amicizia si è esteso ai disabili mentali e agli assistenti di Huiling, ai cristiani (e preti e suore) della Chiesa di Guangzhou e tanti altri.
In questi 50 anni ho sentito vivo il sostegno della mia famiglia, di tanti amici, della mia comunità parrocchiale, del mio Istituto Missionario, sostegno che si è espresso in tanti modi, specie nella preghiera e, non ultimo, anche nell’aiuto materiale per qualche progetto che mi stava a cuore. Ringrazio tutti di vero cuore. In particolare ringrazio tutte le persone di Mandello che mi hanno dato una mano e quelle che volessero fare ancora qualcosa per completare la sistemazione della scuola materna integrativa di Huiling già bene avviata grazie all’aiuto concreto della scuola Sandro Pertini nel Natale 2009. Qualcuno si domanderà: perché mandare soldi in Cina, una nazione che è ormai la seconda potenza economica del mondo? La risposta è che del benessere del Paese, sempre più in aumento, non beneficiano tutti in modo equo. Ci sono grandi masse che vivono ancora ai margini della società. E così le Onlus (organizzazioni non a scopo di lucro, di utilità sociale) come la nostra non ricevono regolari sussidi dallo Stato. Huiling pareggia il suo bilancio attraverso le modeste rette versate dai famigliari, con le adozioni a distanza sostenute dalle generosità di vari amici, e con altri contributi offerti da enti o singoli individui.
Da quando vivo nell’interno della Cina ho più tempo a mia disposizione e riesco a tenermi in contatto con tante persone attraverso la posta elettronica. Se qualcuno mi manda un’e-mail, rispondo. A scrivere a mano una lettera in cinese, anche breve, non ce la faccio, ma col computer non è poi così difficile. Ora che non lavoro più in una parrocchia vera e propria, con le persone con cui sono in corrispondenza si è formata una specie di “parrocchia virtuale”.
Il tenermi in contatto con gli altri per mezzo del computer non significa star chiuso tutto il giorno in casa. La vita di pendolare che cominciai a 17 anni, recandomi ad ogni inizio di settimana da Mandello a Milano dove lavoravo, continua. La valigia è sempre lì pronta. Vado frequentemente a Hong Kong per impegni per conto di Huiling o della mia comunità. La casa del Pime a Hong Kong (con vista sul mare su cui volteggiano i nibbi mi ricorda il “mio” lago!) mi offre un luogo di ristoro fisico e spirituale.
Rientrando nella mia famiglia di missionari (“Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!”, recita il salmo 133), posso pregare nella cappella davanti al tabernacolo, trovo un benevolo confratello che mi amministra il sacramento della riconciliazione.
Così ritorno a Guangzhou edificato dal lavoro missionario che sento fare dai miei confratelli di Hong Kong. E penso spesso alle difficoltà dei preti che in Italia devono affrontare la sfida di una società malata che ha perso il gusto del Vangelo. La mia opera qui è invece fatta di piccole cose: vivere assieme ad un gruppetto di disabili cercando di offrire loro un po’ di affetto, dare un po’ di conforto alle loro famiglie, incoraggiare le “mamme” e gli operatori di Huiling nel loro non facile impegno di assistenza e riabilitazione, salutare e sorridere alle persone che incontro lungo la giornata… Piccole cose che mi sforzo di fare con amore, convinto che “a Dio servono piccoli uomini, con i loro difetti e le loro carenze, per dare serenità” (Don Ugo Pedrini, della diocesi di Como, morto nel 2009).
Da alcuni anni l’8 dicembre la diocesi di Hong Kong organizza nella cattedrale una celebrazione comunitaria per i preti e religiose e religiosi che in quell’anno ricordano il loro anniversario di ordinazione e consacrazione. Il mese scorso è toccato anche a me (prete da 50 anni) e al confratello che mi ha aperto la strada nell’impegno a favore dei disabili di Huiling, P. Fernando Cagnin (prete da 25 anni). Mi sono preparato alla celebrazione con una giornata di silenzio e preghiera nella casa per ritiri di Sek O, in mezzo agli scogli in riva al mare. All’orizzonte vedevo le navi che entravano nello stretto che conduce alla baia di Hong Kong. Mi hanno ricordato la nave che 50 anni fa da Genova mi portò qui ad iniziare la mia avventura missionaria.
Quel giorno il mare era agitato e non ho potuto fare a meno di pensare e pregare per la Chiesa di Cina che, oggi più che mai, è come una barca sbattuta dalle capricciose onde del regime. Come penso avrete appreso dai media, negli ultimi due mesi si è improvvisamente interrotto il clima di collaborazione pratica che si stava faticosamente costruendo fra Roma e Pechino. Dopo un’ordinazione episcopale illecita, cioè avvenuta senza l’approvazione della Santa Sede, è stata convocata a Pechino un’Assemblea nazionale di rappresentanti cattolici, che il governo riconosce come la suprema autorità ecclesiale in Cina, senza alcun riferimento al Papa. Di fronte a questa triste situazione viene spontanea la domanda: quando finirà questo stato di cose? Quando ci sarà completa libertà religiosa? Forse troviamo la risposta nel brano degli Atti degli Apostoli che parla dell’ascensione di Gesù. Agli apostoli desiderosi di conoscere quando verrà restaurato il regno di Israele, Gesù dice che non è dato loro di sapere. A loro – e a noi che vorremmo sapere quando finirà questa sofferenza – è chiesto di essere Suoi testimoni. Certi della sua presenza: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
A tutti i fratelli e sorelle di fede sparsi nel mondo il Papa Benedetto XVI chiede di pregare per i cristiani cinesi. Penso che a noi presenti in Cina è chiesto qualcosa di più. Intercedere non vuol dire semplicemente “pregare per qualcuno” come solitamente pensiamo. Significa “fare un passo in mezzo”, mettersi in mezzo a qualcuno, per camminare assieme. Far sentire ai cristiani cinesi la nostra amicizia e solidarietà, stare con loro condividendo gioie e sofferenze, offrire il nostro incoraggiamento ed aiuto là dove è possibile: è il nostro piccolo contributo che possiamo dare a questa Chiesa che ci accoglie e di cui siamo lieti di far parte.