Jangas 15/05/22
Cari tutti
Il tempo per scrivere qui è sempre poco, ma spesso, mentre faccio le cose di tutti i giorni, penso a tutte le persone che ci hanno accompagnato in questi anni, amici e paesani con cui abbiamo condiviso un pezzetto della nostra vita a Delebio e dintorni, persone che ci hanno sostenuto e voluto bene o che prima di partire sono venute a salutarci e, vari, anche a lasciarci un’offerta da utilizzare per aiutare i poveri qui a Jangas o per sostenere le attività che ci sono qui.
Faccio fatica a specificare i destinatari di questa lettera perché sarebbero tantissimi e ho paura di dimenticare qualcuno. Sicuramente, se non fosse già in cielo, l’avrei affidata al don Ale perché potesse distribuirle alle persone… Ecco forse potrebbe essere:
“cari tutti quelli che ci vogliono bene e a cui vogliamo bene”, scrivo questa lettera, scusandomi per non averla scritta prima, per RINGRAZIARVI di cuore per averci accompagnato alla partenza per il Perù, per tutte le cose fatte insieme in questi anni… al lavoro, nella scuola, in parrocchia ecc… per RINGRAZIARVI dei soldi che ci avete regalato da portare qui a Jangas in Perù.
Per questo mi sembra doveroso e ci tengo a farlo, raccontarvi un po’ com’è la vita qui e cosa facciamo noi.
Lo faccio volentieri e mi fa piacere perché anche noi abbiamo bisogno di rimanere legati alle persone lì, dopo tutti questi anni vissuti assieme, abituati a vedersi spesso e a vivere in un certo modo, con la giornata ben impostata tra lavoro, casa, scuola, attività dell’OMG e gite in montagna, tutto sempre condiviso con persone care che ringraziamo di aver sempre avuto vicino.
Atterrando abbiamo subito ricevuto la notizia della morte del nostro caro Don Ale. E’ stato doloroso! Essendo lontani è stato anche brutto non poter vivere l’ultimo saluto assieme a tutti voi.
A me, pensando che non c’è più lui lì a Delebio, è mancata un po’ la terra sotto i piedi. Manca anche da qui un punto fermo che sapevamo di avere a “casa nostra”.
Un occhio attraverso cui vedere le cose e le persone lasciate… e un cuore a cui appoggiare i nostri pensieri…. un amico diventato CARO in pochi anni.
Ma non mi dilungo perché immagino siano pensieri comuni a molti.
Arrivando a Jangas abbiamo trovato il Padre Mario (il sacerdote che ci ha sposato) un caro amico e assieme a lui tanti altri che ci hanno accolto e fatto subito sentire a casa.
Abbiamo trovato anche tante cose da fare e come siamo abituati, ci siamo messi all’opera.
Io nella casa parrocchiale. Accendere la stufa al mattino presto per preparare la colazione alle persone che vivono in casa e iniziano la loro giornata: chi lavora in cooperativa, chi con gli operai, chi studia, chi esce nelle case nelle comunità vicine ad aiutare i poveri e il p. Mario che fa sempre tante messe e ha sempre qualcuno che lo cerca. Poi alle 8 arrivano le cuoche che ogni giorno cucinano per circa 160/180 persone tra cooperativa, taller, casa e operai vari e alcuni bambini che si fermano il pomeriggio per fare i compiti al doposcuola della parrocchia.
Durante tutta la giornata vengono persone da Jangas stessa o da paesini vicini che appartengono alla parrocchia, a chiedere aiuto per varie necessità:
chi ha problemi di salute e ha bisogno di essere accompagnato in ospedale o non ha i soldi per curarsi ( qui non esiste la sanità pubblica, è tutto a pagamento); chi ha bisogno di sistemare la casa, chi ha bisogno quaderni ecc., per la scuola dei figli, chi è anziano e non ha nessuno che si prende cura di lui, le mamme sole con vari figli piccoli che non hanno di che dargli da mangiare.
La maggior parte viene portando qualcosa che coltiva (patate, zucche, ma anche frutta o fiori) da regalarci in cambio di viveri, tipo un baratto, ovviamente sempre a loro favore. Io scambio tutto, anche quando mi portano frutta quasi marcia o fiori appassiti, mi sembra l’aiuto più utile e immediato che possiamo dare e poi non sono capace di dire di n. poi ceco di conoscere le persone e di capire dove vivono e come stanno.
Francesco invece si dedica alla Cooperativa composta dai ragazzi (adesso circa 40) che negli anni sono diventati artigiani (falegnami, pittori, scultori di legno e pietra) frequentando le scuole di don Bosco nelle nostre missioni.
Si occupa di cercare i lavori, fare i preventivi ma soprattutto accompagnare gli artigiani in quello che hanno bisogno per fare bene il loro lavoro e poter mantenere le loro famiglie. Anche per lui la cosa più importante è cercare di conoscerli, diventare loro amico oltre che mantenere un ambiente buono di lavoro.
Jangas è un paesotto a 21800 metri in mezzo alla “Cordillera”, al mattino quando à sereno dalle finestra della cucina si vede la cima del Huascaran innevata e, adesso che è appena finita la stagione delle piogge, intorno è tutto verde cosi non ci mancano le nostre montagne.
Venendo da Lima la strada è quasi tutta asfaltata e arrivando si vedono case belline, la piazza tuta in pietra, le facciate tutte pitturate, varie macchine parcheggiate in strada, la casa parrocchiale e tutte le nostre strutture sono belle e accoglienti e, se ci si ferma a questo sguardo, sembra che la gente stia bene…. In realtà se si esce dalla parrocchia e si entra nelle case ci si ritrova ancora a contatto con le povertà anche nel 2022.
Le case sono ancora fatte di terra, con il pavimento in terra battuta, sono piccole e buie, con poche finestre per conservare il calore, dentro ci sono poche cose e in disordine perché la gente non ha armai. La cucine è di pietra e a legna. Nelle case degli anziani, soprattutto, i pochi piatti e pentole sono sempre sporchi e i topi regnano nelle misere dispense a base di patate, riso e qualche verdura che riescono a coltivare.
Sono passati tanti anni dalla prima volta che siamo venuti in Perù, ma i poveri ci sono ancora, i poveri che non hanno la possibilità di migliorare la loro situazione, che sono in balia degli eventi. La pioggia, il sole, la salute, la malattia… I poveri che non si lamentano e provano a vivere al meglio con quello che hanno, alcuni senza neanche chiedere aiuto, altri senza accettarlo troppo volentieri perché abituati così. Siamo proprio in un altro mondo.
Un altro “disastro” che vedo, come anche da noi in Italia, sono le famiglie “incasinate” dove c’è tanta sofferenza soprattutto per i figli a causa dei genitori che non curano o che bevono, perché a loro volta sono stati cresciuti così, perché non hanno altre possibilità o perché si lasciano abbindolare dalla proposta di un facile benessere di questo mondo moderno che qui arriva ancora più forte, da TV e cellulari, a causa dell’ignoranza della gente che non ha le armi per difendersi.
Per questo l’altra cosa importante è creare un ambiente buono dove e bambini e i ragazzi che passano, possano sentirsi accolti e ben voluti. Un ambiente che insegni a voler bene e a regalare agli altri pur essendo poveri.
È importante per tutto l’oratorio che è un momento di catechismo, di giochi, ben preparati e di attività di aiuto ai più poveri.
Qui a Jangas c’è anche una scuola per maestre di scuola elementare dove studiano 20 ragazze che provengono da varie missioni e il taller Don Bosco dove 48 ragazzine dai 12 ai 15 anni imparano la falegnameria e l’arte (è la scuola che frequenta Jordan) vivendo insieme da lunedì al sabato secondo il regolamento di don Bosco. In entrambe le scuole, oltre a ricevere una formazione e imparare un lavoro, i ragazzi/e fanno attività di carità e partecipano alla vita della parrocchia e dell’oratorio. Noi li stiamo conoscendo poco a poco quando capita di fare qualcosa insieme.
Qui a Jangas siamo vari italiani, ognuno incaricato di qualcosa, ci stiamo conoscendo e cerchiamo di andare d’accordo fra tutti, come fratelli in una stessa famiglia, uniti dal desiderio di provare a fare qualcosa di buono della nostra vita e con il nostro tempo.
Ecco a grandi linee dove viviamo e cosa facciamo… e come usiamo i soldi che ci avete regalato.
Speriamo che stiate tutti bene, ognuno nella sua corsa per gli impegni quotidiani, nelle difficoltà e nelle cose belle, e che possiate essere contenti.
Aspettiamo notizie da chi ha voglia di farvele avere.
Un abbraccio a tutti,
con affetto e gratitudine
Cicci e Francesca.