Si riparte da Metoca.
Non è la miglior comunità della parrocchia di Mirrote, non è la più numerosa, ma il 14 maggio qui abbiamo vissuto un segno di rinascita. Dopo anni, nove matrimoni e quattordici battesimi di bambini: una prima piantina che germoglia dopo anni di deserto nella celebrazione dei sacramenti.
Il punto più basso lo avevamo raggiunto nel 2017, quando molti adulti ricevevano il battesimo senza preparazione, senza prendersi responsabilità nel matrimonio e senza sapere niente di quel Dio che li raggiungeva in modo speciale; prevalevano una mentalità magica, logiche di potere e l’ignoranza popolare faceva il resto. I preti che capirono questa degenerazione diedero uno stop a tutti i sacramenti: si fa catechesi, si rispettano le regole diocesane, si va nelle comunità a controllare cosa sanno i catecumeni, chi chiede sacramento per i figli deve contribuire alla comunità cristiana dimostrando (con una cifra minima, ovviamente) il suo legame con la parrocchia e non solo con il clan famigliare. Non sembrano condizioni complicate, per i nostri animatori di comunità in una parrocchia molto frammentata dove è difficile controllare e far maturare la situazione, generò dei conflitti pesanti; anche perchè gli stessi animatori a volte non erano battezzati o avevano una seconda moglie o avevano abusato del loro ruolo.
Adesso, poco a poco, qualcosa sta maturando. Certamente di strada ce n’è ancora da fare, sopratutto i nostri parrocchiani credono poco alle parole e si mettono in moto solo quando vedono che non c’è altra maniera. Sabato scorso, con una mattina intera di colloqui, dei 77 candidati molti sono stati mandati indietro: non avevano il certificato di battesimo, il figlio aveva già sette o più anni e deve entrare nei tre anni di catechesi, avevano dato il nome all’animatore ma poi ci hanno ripensato… A volte ho la sensazione di essere rigido, ma è un dovere di giustizia chiedere a tutti il minimo per dare valore a chi si dà da fare e poi andare più in profondità. Ancora di più, in villaggi piccoli dove l’analfabetismo è prevalente, fare una vera preparazione e una catechesi è difficile, ancora di più sulla famiglia cristiana, con la doppia pressione della cultura tradizionale e della nostra idea occidentale di libertà sessuale e poca responsabilità verso i figli.
Mi ha colpito molto vedere coppie molto diverse: alcuni giovani e altri molto su di età, alcuni sposi con giacca e cravatta che non usavano da anni e altri con maglietta vecchia di tre giorni, alcuni molto disinvolti a pronunciare le promesse di matrimonio e a baciarsi in pubblico, altri molto più impacciati. Per tutti, urla di gioia, canti e festa.
Celebrazione collettiva senza fotografo (l’unico con telefono accettabile era il prete, che aveva altro da fare), con un viaggio per la cappella di due o anche cinque chilometri a piedi. Spero che sia segno che la fede, in forme diverse, stia entrando in questo popolo come una proposta possibile (non facile) per tutti, e che queste coppie siano un esempio e seme di novità per i diversi villaggi dove vivono.