Cercatori d’oro
Un camion ha tranciato i fili della luce. Il trasformatore del villaggio è compromesso. Mi ritrovo a scrivere alla luce di una piccola lampada.
Un gruppo di donne è appena uscito da casa. Hanno ritirato alcuni risparmi depositati dal père. Fuori, un cane abbaia con insistenza e il mio vicino di casa, ubriaco come al solito, discute ad alta voce con qualcuno. Ma è innocuo.
Bussano alla porta. Entra. La luce è fioca per riconoscere chi è. Un giovane. Si avvicina. Eccolo. Teri Zra Paul. 16 anni? Non lo vedo da più di un anno. Non è molto sveglio. Per questo non l’ho aiutato negli studi. L’avevo rinviato alla nostra scuola di formazione professionale.
Un buon ragazzo, ma la vita della città gli aveva dato alla testa. Alla formazione, preferiva la vita notturna nei bar. Così non è durato molto. Si è iscritto allora al liceo, luogo d’illusione di tutta la gioventù del Camerun: lo studio per coronare il sogno di un posto fisso come funzionario statale. Un salario. Niente fatica. Il rispetto della gente.
In Africa si dice: “Per riuscire, bisogna soffrire”. Ed è vero. Ma per Paul era forse troppo. La vita dello studente, solo, lontano dal villaggio, è dura. L’ultima volta che l’ho visto era in un letto d’ospedale. I suoi compagni l’avevano trovato in camera, privo di sensi. Chissà cosa aveva preso…
Questa sera si presenta tranquillo, sbucato dal nulla. La voce è appena percettibile: “Mon père, sono tornato da Garoua. Mia mamma è morta, così ho lavorato i suoi campi”. “Adesso dove stai?” “A casa. Con il mio vecchio”. So che c’è anche sua cognata, vedova con diversi bambini ancora piccoli a carico. “Riparto a Garoua” “Cosa fai là?” “Cerco l’oro”. Me lo faccio ripetere più volte. “Sì, l’oro, nel fiume della Benoué”. “E ce n’è?”. “Sì”. “Sei con qualcuno?” “No, siamo in tanti, ma… ognuno per sé”. Ecco la richiesta: “Te lo porto?”. “Perché a me?” “Tu puoi venderlo”. “A chi?” Fa una smorfia. Sorride come se lo stessi tirando in giro: “Ma come, tu sei il père e non lo sai?” Già, io devo sapere tutto… “Posso informarmi… E poi cosa fai?” “E poi torno a scuola, in seconda superiore. Se Dio vuole.” Non ha perso la speranza. Chissà se ce la farà. Chissà se servirà. “OK, ti aspetto”. Riparte.
Lambert entra di botto e annuncia: “ Il vice del sottoprefetto ha detto che la luce deve tornare per la festa della gioventù”. Già. La festa della gioventù camerunese. Tutti gli studenti, fieri delle loro uniformi, sfilano davanti alle autorità.
L’Africa cambia e l’istruzione è la strada per uscire dalla povertà. Ma… Come dare delle vere motivazioni agli studenti perché capiscano che la studio serve ad aprire orizzonti nuovi e non a diventare parassiti di una società sclerotizzata? Come dare il gusto di cercare il vero oro, quello che può rendere bella la vita?
Com’è difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli, diceva il mio Capo. Com’è facile, per un povero arricchito, ripeterne gli errori.