1 novembre 2009, Bouar – Centrafrica Racconti di vita africana

 

Sto tornando da Bangarem, con Emile siamo sulla Jeep che ci facciamo grandi risate al ripensare diverse scene vissute insieme al villaggio la giornata di ieri e oggi. La strada è impossibile: se non è una buca è un termitaio che prende la ruota o che sbatte sulla coppa dell’olio.  Improvvisamente è un ramo come un tronco che mi sbatte addosso al vetro. Per fortuna il parabrezza regge ma il “cappello” del filtro dell’aria posto in alto della jeep si spacca per il colpo preso e va beh, ci penserà il filtro a non lasciare passare foglie me rametti agli iniettori. Intanto il nostro discorrere ritorna sulla serata di ieri. Quasi tutto il villaggio era lì presente davanti alla chiesetta di Bangarem, ma cosa, imperdonabile ad uno come me che pretende di essere un appassionato di foto e cerca di documentare la bellezza e la drammaticità del vivere, proprio in quel momento le pile della macchina fotografica si esauriscono.  Poco importa se cerco di giustificarmi col fatto che sullo zatterone ho dato la macchina fotografica a Emile per fare delle foto e documentare i lavori di ristrutturazione che servono per rimetterlo in funzione, a Bangarem, villaggio in piena savana a 70 km da Bouar impossibile sperare di trovare pile. Occasione persa e da mangiarsi le unghie… anche se so che ce ne saranno altre. In effetti era bello vedere quasi tutto il villaggio raccolto davanti alla chiesa, seduti sul verde da una parte i bambini: un nugolo, da un’altra le donne, dall’altra gli uomini e sulle sedie portate per l’occasione il capo villaggio ed io e pochi altri. In effetti la visita a Bangarem è stata propiziata dalla possibilità offertami di intervenire per la sistemazione di tre opere che concernono il villaggio. Lo zatterone che serve per trasportare la merce e le persone , le moto e le rarissime auto che passano di là e si deve attraversare il fiume. Due ponticelli che sono caduti ad un chilometro dopo il villaggio ed essendo ora collegate le due sponde con dei tronche e terra di fatto sono già marci e in oltre, questione più urgente e importante la sorgente del villaggio a cui tutta la popolazione va ad attingere acqua a lavare e a lavarsi. E’ da tre anni che se ne parla ma non si era ancora riusciti a organizzarsi. Ora pare che i tempi siano maturi.
Insomma si parla nella riunione di tutto il villaggio di come mettere in atto queste tre iniziative. La presenza di tutti è segno che è importante ciò di cui si sta parlando, mi fa venire in mente quando ci incontravamo per organizzare i lavori della costruzione della scuola e del posto di pronto soccorso.
Naturalmente il primo ad intervenire è il capo villaggio che dichiara la completa disponibilità del villaggio e sua per questa iniziativa. Chiede a me come ci si può organizzare. Le cose vanno per le lunghe, chi desidera interviene, dice la sua, tutti vengono ascoltati. Le varie posizioni si accordano sul consenso per cui quanto è reperibile al villaggio è il villaggio che lo procura e rappresenta la sua partecipazione al progetto, mentre quanto deve essere procurato e portato dall’esterno è  la missione che se ne occupa e lo procura. In concreto la missione mette il ferro per sistemare lo zatterone con le varie saldature; mette le putrelle per sistemare i ponti: otto putrelle di 6 e 4 metri resistenti al passaggio delle auto. Per la sistemazione della sorgente  servono 30-35 sacchi di cemento e delle grondaie. La partecipazione del villaggio è da una parte semplice ma impegnativa: il lavoro. Si tratta di andare in savana e cercare 20 alberi dritti e lunghi e resistenti, per i ponti, portarli a spalle  per un percorso di circa 3-4 km. Pulire e disboscare vicino ai ponti, pulire e disboscare alla sorgente e postare via una montagnetta di terra circa una decina di camionate. preparare 10 camion di sassi e sette di sabbia e preparare la strada in modo che il camion della missione possa  raggiungere i luoghi dove caricare i sassi e la sabbia.
Questo è un lavoro affidato ai giovani e adulti del villaggio. E le donne?
Certo non hanno braccia e spalle per portare tronchi e non fa nemmeno parte della cultura, ma a loro il villaggio assegna il compito di raccogliere della manioca nei campi e delle verdure e acquistare del caffè e preparare colazione e pranzo per i giovani. Tutti sembrano soddisfatti, ma….la strada che porta al villaggio per gli ultimi 17 km non è percorribile con camion….
tocca fare uno sforzo in più, pale, picconi macete e bisogna partire tutti gli uomini in forza per due o tre giorni a sistemare la strada. Durante la stagione delle piogge in effetti si è trasformata in fiume e l’acqua ha scavato dappertutto. Ci passo a malapena con la jeep. La gente accetta di sistemarla, ma….al villaggio ci sono tanti giovani che  tra l’altro hanno anche voglia di giocare a pallone, si possono organizzare in 4 squadre, se potessero avere una maglietta un paio di calzoncini e dei palloni sarebbero più invogliati a riempire buche di terra e tagliare arbusti lungo la strada.
Ok li accontento procurerò loro il necessario per giocare a calcio. Inoltre le scarpe non servono, qui si gioca ancora a piedi nudi. Bravo “mon père” mi si dice, già lunedì partiamo e ogni giorno guardiamo oltre il fiume se arrivi con i palloni e le magliette.
Questa mattina alla messa del giorno dei santi ho ricordato loro le parole del vangelo che dicono che la via della Vita passa da chi cerca la pace, e la giustizia e sa accogliere l’altro con semplicità.
Forse saper chiedere solo un pallone e una maglietta da calcio, e darsi da fare per tutti insieme per il bene comune per una decina di giorni di lavoro, significa che da qualche parte del proprio cuore e del proprio essere si può ancora scovare la sete di vivere e di gioire per poche e semplici cose.
Con Emile lungo la strada del ritorno ci immaginiamo già la prossima volta quando passeremo col camioncino della missione e  si potrà vedere dove fare passare le ruote senza paura di finire in buche da cui è difficile uscire.
Ridiamo anche divertiti della semplicità a volte ingenuità della gente dei villaggi.  Ma certamente gente “sana”.
Intanto mi colpisce il colore rosso della strada e il verde intenso della natura, che si staglia su un celeste chiaro del cielo, il tutto dando una riposante sensazione di serenità e tranquillità. sguardo che all’improvviso mi fanno sentire come una sensazione che mi riempie la vita, mi invade di gioia semplice, alla quale mi dico che mi posso appoggiare e mi saprà
sostenere.

p. Beniamino