19 maggio 2010, Rhumzu – Cameroun Angèle di Kossohai

 

Ciao a tutti. Il cielo è inquieto. I primi temporali sono arrivati e hanno già rovinato le strade. I cantieri sulla grande pista stanno costruendo una serie di ponti: se piove forte, saremo isolati da Mokolo per un po’. Il Vescovo, contento della visita pastorale, è rientrato con qualche montone, qualche gallo e del mais sulla macchina. L’elettricità è un bel ricordo, ma il pannello solare aiuta a ricaricare il computer (ed anche un piccolo frigorifero a 12v). Fagiolini, pomodori e malanzane hanno ben attecchito. Marguià permettendo, avremo un buon raccolto. Chissà per le fragole e le angurie… Il 18 maggio don Angelo rientra in Italia per le vacanze… poi sarà la volta di Alda e Felice… e poi… ciao!

don corrado

Angèle di Kossahai

Eccola. Sorriso a 4 denti (di numero). Il foulard che nasconde i capelli. Bianchi. Ricci. Batuffoli di cotone che ben risaltano sulla testa nera. E’ Angèle. Si presenta per il Battesimo che riceverà la notte di Pasqua. Dopo quattro anni di catecumenato. L’ho subito riconosciuta. L’anno scorso si era presentata per fare l’esame di catechesi… E’ un bel momento d’incontro tra il père e i catecumeni.
L’esame inizia. Prima domanda: Fai il segno della croce. Un vero e proprio esercizio per scacciare le mosche. Seconda domanda: Recita il Padre nostro. “Padre nostro che sei nei cieli…” Si ferma. Riprende da capo. Sorride. Ricomincia: “Padre nostro che sei nei cieli…” Qualcuno mi ha fatto notare che anche una grande mistica come Teresa non riusciva ad andare oltre il “Padre nostro che sei nei cieli” per la commozione. Sarà! Con le altre preghiere non va meglio. Da buon parroco (giuro! Non l’ho fatto apposta), mi dev’essere scappata un’occhiata di stizza verso il catechista visto che, subito, si è senito in dovere di giustificarsi: “Mon pére, l’ho presa da parte un pomeriggio intero, ma… niente!”
Alla fine degli esami è ancora lì. Cosa faccio? Promossa? Bocciata? Estraggo la domanda di riserva: “Mamà, qual è la cosa più preziosa che c’è in chiesa?” Risponde con la lentezza tipica dell’età: “La porta è bella. Anche i muri sono belli. E le pitture, anche, sono belle…” Mi pento di aver fatto la domanda. Ma lei continua: “Ma la cosa più importante è quel legno là…” Nelle case kapsiki, c’è un legno piantato nel terreno che termina con tre braccia, tre rami. In cima, il papà pone una pentola o un vaso di coccio. Dentro, la polenta avanzata. Nessuno, all’infuori del papà può toccarla: sarà forza nella necessità, pane del cammino. E’ così, allora, che i missionari avevano pensato e realizzato il tabernacolo della chiesa di Kossahai. Angèle mi stava dicendo: la cosa più preziosa che posso trovare in chiesa è Gesù, l’Eucaristia, pane del cammino, forza nella necessità. Promossa!
Confesso di averla pensata più volte quest’anno: a piedi nudi, con la zappa in mano, di ritorno dai campi… passare per la chiesa e fermarsi qualche istante davanti a “quel legno là”. Per riposarsi un po’. Per ritrovare la forza, prima di riprendere il cammino.
E’ ora di partire. Ricordo a tutti la presentazione alla comunità. Domenica. A Rhumzu. Angèle alza la mano. Non ha più vergogna. Vuole domandare qualcosa. “Mon père, io sono vecchia. Le gambe mi fanno male. Ci sono 7 kilometri a piedi da fare… Devo proprio venire?” “Mamà, -abbozzo una risposta- se non ce la fai perchè sei stanca: stai tranquilla, non fa niente, riposati. Se non vuoi venire per pigrizia… allora, dai! Cerca di fare uno sforzo!” Ci pensa un po’. Poi annuncia: “Ci sarò!”
In effetti, la domenica era là. Quando l’ho chiamata per nome dall’altare si è alzata in piedi dall’ultimo banco. L’indice destro, alzato a livello della tempia, ondeggiava come, del resto, tutto il corpo. Il sorriso a 4 denti (di numero) era più bello che mai. Voleva farmi vedere, con orgoglio, che c’era.
La Notte di Pasqua Angèle ha ricevuto il battesimo. Oggi la prima confessione. Non sa ancora fare il segno della croce. Non si ricorda la preghiera del Padre nostro. Ma, forse, non è così importante. Ora so che, nella sua vita, ha scoperto qualcosa di grande. Un pane che è forza nel cammino, ristoro nella fatica.