27 luglio 2005, Kitutu – Congo “Uno spiraglio di gioia e speranza”

“Qui in Congo bisogna essere disponibili a cambiare i programmi, il ritmo della vita, le preoccupazioni e gli impegni già presi.” “A metà giugno sono iniziati gli scontri a Bukavu tra l’esercito regolare e i dissidenti, guidati da Mutebuzi. L’ONU-MONUC presente a Bukavu ha cercato di far fronte agli avvenimenti ma gli scontri hanno portato morti, saccheggi, donne violentate, case bruciate. Alla fine i dissidenti sono scappati in Rwanda da dove venivano e da dove sono appoggiati. Ma dopo pochi giorni è arrivata un’altra truppa di circa duemila soldati che ha preso Bukavu con la forza. Intanto Mutebuzi, rafforzato dai rwandesi, attacca la valle della Rizzo che porta a Uvira. Si può supporre che tutto sia stato orchestrato dal Rwanda di Kagame per creare un pretesto per entrare in Congo e dichiarare la secessione della regione di Kivu e renderlo uno stato aggregato al Rwanda con il nome di Repubblica Democratica del Kivu. Immediatamente la Francia ha offerto ventimila soldati che, appoggiati dall’ONU, intervengano e obblighino il Randa a lasciare il territorio congolese. Ma, come abbiamo visto, gli attacchi di Kagame alla Repubblica Democratica del Congo sono continui tanto che si è giunti a supporre che l’interesse sia quello di influenzare in qualche modo le elezioni che dovrebbero esserci quest’anno in modo che venga eletto un governo filo-rwandese. “Noi a Kituto abbiamo sentito il contraccolpo di quello che è successo a Bukavu, per cinquanta giorni non abbiamo ricevuto più niente, nemmeno la posta, visto che il Rwanda ha chiuso le frontiere. Tuttavia sempre c’è uno spiraglio di gioia e speranza. Negli ultimi tempi ho potuto far visita a una comunità della parrocchia molto distante dal centro della missione. Ho dovuto percorrere settantotto chilometri, solo venti dei quali possono essere coperti in macchina, gli altri vanno fatti a piedi. In questa comunità da sei anni non vedevano un missionario. In quella zona la gente ha sofferto molto e è dovuta scappare e vivere nella foresta per anni. Ora sta ritornando nel villaggio e sta iniziando a ricostruire le proprie case. Costruiscono la casa ma non sanno cosa metterci dentro: mancano veramente di tutto. Abbiamo calcolato che più di diciottomila persone dormono su una stuoia senza neanche una coperta per ripararsi dal freddo. Ho passato con loro due settimane, passando da un villaggio all’altro. Per i bambini di sei/sette anni era la prima volta che vedevano un muzungu (un bianco) e rimanevano stupiti e mi guardavano con i loro occhi espressivi. Mi sono sentito strumento dell’Amore di Dio tra questa gente.” “Lugaswa è una miniera a cielo aperto. Chissà quanti mila anni fa, in questa conca di 60 km di circonferenza c’era un vulcano, poi improvvisamente si alzo una montagna e il vulcano si spense. Ottanta anni fa hanno scoperto che questa montagna era piena d’oro e ora da 800 metri di altezza si è già ridotta a 500 metri tanto la stanno scavando. In questi tempi il governo sta tentando di mettere ordine in questa zona di sfruttamento selvaggio dopo che durante la guerra i militari rwandesi hanno trovato motivo valido per continuare i combattimenti proprio per il controllo di questo territorio. Tutti sono venuti a scavare e “arraffare” più che potevano le ricchezze del Congo. In questo periodo alcuni geologi occidentali stanno valutando quanto oro ci sia ancora e come allestire uno sfruttamento regolato da macchinari a alto livello tecnologico, tanto è vero che le banche americane hanno già messo a disposizione per questa opera quattro miliardi di dollari. L’aeroporto è stato chiuso e sono stati cacciati più di ventimila cercatori “abusivi”. Nel nostro Congo si sta facendo un po’ di ordine dopo il caos di trentaquattro anni di Mobutismo, dopo due guerre, dopo un tentativo di far iniziare la terza guerra bloccato grazie l’intervento di militari francesi che hanno impedito l’invasione del Rwanda. Siamo in un periodo di transizione. Le elezioni presidenziali, regionali e amministrative dovevano essere a giugno ma sono già state spostate a ottobre. La gente in pratica non ha ancora votato liberamente e anche i vescovi in una lettera pastorale hanno preso come impegno quello di spiegare alla gente cosa vuol dire votare e come votare. È il momento di costruire, è un momento importante anche se difficile perché è anche un momento di anarchia, tutti cercano di arraffare, sapendo che dopo non sarà più possibile. È bello in questi giorni andare al mercato e trovare tante mamme con le loro kitunga, le gerle piene di riso. È il primo raccolto dopo sei anni di guerra. C’è speranza e c’è gioia, ci sono ancora tante ingiustizie, angherie e soprusi, tasse arbitrarie, ma si intravede la speranza di un Congo nuovo, diverso. Speriamo che non l’abbiano vinta quelli che tentano in tutti i modi di distruggere questa nuova vita.”

 padre Giuseppe RIZZI