Testimonianze dal Sudan
Il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio si è da poco concluso. La riflessione a Roma di rappresentanti da tutto il mondo stimola a sua volta le Chiese locali a riflettere su quale posto e quale ruolo la Parola di Dio ha nel contesto delle diocesi e delle parrocchie. E’ un invito a rimettere il quadro a fuoco, perchè tale posto non si riduca a un ascolto abitudinario dei passaggi biblici letti alla messa domenicale e dal significato dato per scontato.
La Parola è “viva ed efficace” a tutte le latitudini. Fra le molte esperienze di cui sono stata testimone in Sudan vorrei ricordarne due che mostrano la Parola come generatrice di speranza e datrice di senso.
‘Piccole comunità cristiane’ a Khartoum
A metà degli anni ’90 a Khartoum, capitale del Sudan, la speranza non era una delle caratteristiche predominanti nella vita quotidiana di molte persone. La guerra continuava nel Sud e non se ne vedeva ancora uno sbocco; gli sfollati dalle aree del conflitto erano ammassati alla periferia della città, in pieno deserto, in casupole di mattoni cotti al sole o in ripari provvisori. Periodicamente le autorità governative elaboravano un nuovo piano cittadino e spingevano i rifugiati sempre più lontano. La pressione di un milione di sfollati dal Sud e Monti Nuba mise a dura prova la capitale e il risultato fu una società complessa in cui il pregiudizio razziale, le memorie della schiavitù e le marcate differenze culturali e di appartenenza religiosa crearono un clima pesante dove l’ingiustizia sociale era palpabile.
Le parrocchie cattoliche si allargarono a dismisura verso il deserto e varie iniziative vennero pensate per la cura pastorale dei rifugiati, molti dei quali chiedevano il battesimo. Nell’area di Banat alcuni gruppi di famiglie si trovavano a pregare durante la settimana secondo lo stile chiamato delle ‘piccole comunità cristiane’. Partecipai a qualcuno dei raduni, organizzato a turno nell’abitazione di uno o dell’altro membro. Solitamente la preghiera, molto semplice e basata sulla Bibbia, aveva luogo nel tardo pomeriggio, quando la calura del giorno diminuiva. Gli adulti si sedevano in cerchio attorno a un tavolo dove venivano poste la Parola di Dio e una candela accesa. I bambini giocavano a parte e venivano chiamati per la preghiera conclusiva. Durante l’incontro veniva letto un brano del Nuovo Testamento e, dopo una breve meditazione, i presenti condividevano ciò che la Parola di Dio aveva ispirato in loro. Si trattava di riflessioni basate sulla vita di tutti i giorni, seguite da preghiere di ringraziamento e di intercessione.
Credo che per i membri delle piccole comunità cristiane a Khartoum la Parola di Dio rappresentava la speranza. A fronte delle difficoltà e problemi della vita quotidiana in un ambiente spesso ostile e con la nostalgia del verde Sud lasciato forse per sempre, la preghiera biblica gettava luce su un futuro incerto e li incoraggiava ad andare avanti.
Il Vangelo per i bambini
All’arrivo a Malakal, nella parrocchia della cattedrale dove mi trovo tutt’ora, ciò che mi ha maggiormente colpito fra le attività pastorali è stato il catechismo ai bambini, o, meglio, la costanza degli animatori. Tutte le domeniche e per vari pomeriggi la settimana un gruppetto di giovani raduna bambini e bambine che si siedono in circolo per lungo tempo, ascoltando. A volte si sentono canti e qualche trapestio, ma il tutto procede senza incidenti e si nota chiaramente che i ragazzetti sono interessati a partecipare e sono sempre presenti, perfino nei giorni di pioggia, ciò che significa affrontare una camminata nel fango.
Daniel, uno studente agli ultimi anni di scuola superiore, è il coordinatore del catechismo ai piccoli. Un giorno gli ho fatto qualche domanda per capire qualcosa di più del segreto del loro successo. In realtà si tratta di due segreti, un cammino personale di incontro con il Signore attraverso la comunità parrocchiale e la scelta di basare l’insegnamento ai più piccoli sul vangelo. Daniel proviene da una famiglia cristiana ma fino all’adolescenza non frequentava la Chiesa con particolare interesse. Seguendo l’esempio di un coetaneo, nel 2004 si iscrisse al catechismo per la preparazione alla Cresima. Fu in quel periodo che avvertì la chiamata – come egli stesso la definisce – a diventare a sua volta catechista. Pur sentendosi attratto ad insegnare il catechismo, non diede seguito all’ispirazione fino a che nel 2006 uno dei sacerdoti della parrocchia gli chiese esplicitamente di impegnarsi con i bambini.
E’ ora parte dello scenario parrocchiale della sera vedere Daniel e gli altri animatori circondati da ragazzette e ragazzetti. Presentano il vangelo della domenica dapprima attraverso il racconto e immagini e successivamente scelgono alcuni dei piccoli ascoltatori per drammatizzare il brano prescelto con recita e canti. L’insegnamento della Parola di Dio per Daniel è un “servizio che ha a che fare con lo spirito e con l’arte”. E’ infatti la drammatizzazione la particolare angolatura che lui e gli altri giovani hanno scelto di utilizzare per introdurre i più piccoli al vangelo.
L’incontro personale con Gesù e con la Parola di Dio ha operato un cambiamento nella vita di Daniel, ha attivato dinamiche nuove e ha dato alla sua esistenza un nuovo senso di cui lui è consapevole. Ora desidera che altri si avvicinino a questa potenza trasformante perchè anch’essi trovino il senso della loro esistenza.