24 dicembre 2013, Korogocho – Nairobi – Kenya A contemplare il mistero!

 

Natale 2013
Carissimi Amici e Amiche,
Eccoci di nuovo ad augurarci “Buon Natale e Felice Anno Nuovo”. Eccoci di nuovo a contemplare il mistero di un Dio che mette da parte il suo essere Dio e diventa piccolo e fragile come noi, per aiutarci a capire che noi siamo gia’ come Lui. Ecco di nuovo la Buona Notizia che sara’ la gioia di tutto il popolo…
Che Dio testardo, il nostro Dio! Continua a insistere con noi, infischiandosene della nostra testardaggine a non ascoltarlo, e continua ad essere convinto che, prima o poi, dentro di noi qualcosa scattera’. Se ne e’ convinto Lui, possiamo esserlo anche noi, anche se ancora non abbiamo i suoi occhi per vedere oltre il nostro limite, la nostra fragilita’, il nostro peccato.
Mi fa pensare, questo Dio. Negli ultimissimi giorni, condividendo con p. John, il confratello con cui vivo, sentiamo tutta la fatica della delusione di vedere come tanti giovani, ragazzi e ragazze che abbiamo cercato di aiutare in tanti modi, aprendo loro delle vie d’uscita da situazioni davvero tragiche e pericolose, siano incapaci di accorgersi di queste opportunita’ e ricadano alla velocita’ della luce nelle stesse situazioni da cui cercavamo di farli uscire: alcool e droghe, criminalita’, prostituzione, maternita’ “non volute”… Ci chiedevamo: ma com’e’ possibile che non si accorgano di quanto e’ stato offerto loro? Perche’ continuano a preferire una strada di morte ad un’opportunita’ di vita? Cos’e’ che li blocca?
I sociologi e gli psicologi potrebbero scrivere libri su queste situazioni, su quanto l’ambiente li condizioni, su come la loro storia di violenze subite e mancanza di amore li abbia formati a questa vita. Eppure… rimane la domanda. Ci vuole coraggio a continuare a credere in loro, dopo che magari ti hanno imbrogliato per l’ennesima volta. Ci vuole coraggio a lasciarli liberi, anche di cadere… Forse anche noi stiamo sbagliando qualcosa nel modo di aiutarli, ma cosa fare altrimenti? I giovani criminali uccisi dalla polizia si contano quasi ogni giorno, segno che questa liberta’ di scelta puo’ davvero essere concretamente, non per finta, una scelta di morte. E’ come se tanti di questi giovani si decidessero ad un lento ma inesorabile suicidio: non un attimo irreversibile in cui uno si toglie la vita, ma un lento susseguirsi di piccole scelte che, anche quelle in modo irreversibile, conducono comunque alla morte. C’e’ tanto dolore in queste mie parole, e tanta tristezza…
E qui arriva il Natale, l’annuncio di gioia che questo nostro lento suicidio non e’ irreversibile. In un mondo disastrato come il nostro, arriva questo annuncio straordinario che noi abbiamo sempre un po’ lasciato nella luce ovattata dei nostri natali: roba da bambini, da letterina al Gesu’ Bambino… E invece Dio non poteva fare piu’ sul serio.
Mi hanno toccato molto le parole del Vescovo di Roma, Francesco: “Quello che leggiamo nei Vangeli è un annuncio di gioia. Gli evangelisti hanno descritto una gioia. Non si fanno considerazioni sul mondo ingiusto, su come faccia Dio a nascere in un mondo così. Tutto questo è il frutto di una nostra contemplazione: i poveri, il bambino che deve nascere nella precarietà. Il Natale non è stata la denuncia dell’ingiustizia sociale, della povertà, ma è stato un annuncio di gioia. Tutto il resto sono conseguenze che noi traiamo. Alcune giuste, altre meno giuste, altre ancora ideologizzate. Il Natale è gioia, gioia religiosa, gioia di Dio, interiore, di luce, di pace.” Com’e’ vero! C’e’ il rischio grosso, a Korogocho, ma penso anche in altre parti del mondo, di fermarsi alla denuncia di un mondo che e’ effettivamente assurdo e ingiusto, senza saper piu’ gustare la sorpresa e la gioia di questo annuncio.
Il Natale e’ una cosa seria, visto dalla prospettiva di Dio. Lui ci prende talmente sul serio che diventa come noi, letteralmente: entra nel pantano delle nostre vite, delle nostre situazioni, si sporca, viene addirittura annoverato tra i malfattori, gente molto discutibile, non affidabile, con l’unico scopo di non lasciarci. Roba da matti! Roba da Dio.
Se Lui ci prende cosi’ sul serio, noi non sappiamo ancora prendere sul serio Lui, e quello che Lui vuole fare con noi, in noi, attraverso di noi. “La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è quella di avere un enorme potere. E’ la nostra luce, non la nostra oscurità, che ci spaventa di più”, diceva Marianne Williamson. Forse i nostri giovani di Korogocho, persi ancora nell’alcool e nella criminalita’ spicciola, hanno paura di questo. Forse noi, forse io ho paura di questo annuncio cosi’ stridente con la mia realta’ di ogni giorno. Il Vangelo dice, e il Vescovo di Roma lo ri-annuncia con forza, che o questo annuncio provoca in noi gioia che poi ha la capacita’ di cambiare le cose, dentro e fuori di me, o genera paura che paralizza, anzi ci ributta indietro.
Maria, Giuseppe, i pastori, Zaccaria, Elisabetta, Simeone, Anna… tutti hanno saputo sperimentare la gioia profonda che nasce da questo incontro, senza pretendere di sapere gia’ la strada da percorrere, ma semplicemente fidandosi ciecamente (altra cosa che stride con la nostra razionalita’ scientifica). La gioia ha cambiato loro e loro hanno cambiato quel pezzetto di mondo nel quale si sono trovati a vivere. Non hanno lasciato tracce nei libri di storia, ma noi oggi, dopo duemila anni, ancora li ricordiamo e parliamo di loro.
Diventare come chi soffre, come chi voglio aiutare… saper perdere tutto quello che mi da’ sicurezza e identita’ per camminare alla pari con chi mi e’ stato messo a fianco… farsi “tutto a tutti per salvarne almeno uno”… questo e’ Natale. Pazzesco! Altro che cori di angeli, lucine e panettoni. Ancora Francesco: “Preferisco una Chiesa accidenta¬ta, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurez¬ze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono sen¬za la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasfor¬mano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una mol¬titudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: « Voi stessi date loro da mangiare » (Mc 6,37).” (Evangelii Gaudium 49). Che bella Chiesa! E’ l’incarnazione di Cristo che continua nella sua Chiesa, cioe’ in noi. E questo e’ il modo migliore che trovo quest’anno per augurarvi e augurarmi “Buon Natale”.
Grazie di cuore a tutti voi che nei modi piu’ disparati continuate a sotenerci e aiutarci. Grazie per la vostra creativita’ e gratuita’. Grazie per continuare a mostrare il volto piu’ bello della Chiesa, quella che non ha paura di “correre il rischio di sporcarsi con il fango della strada” (Francesco). Il mio breve viaggio in Italia e per l’Italia mi ha riconfermato questa bellezza straordinaria, forse nascosta, ma molto efficace e contagiosa: ho incontrato persone bellissime, straordinariamente umili e coraggiose perche’ decidono di andare controcorrente, decidono di trasmettere ad altri quello che hanno sperimentato e capito, decidono di tenere sempre aperte le porte della loro vita e le frontiere della loro casa, citta’ e Nazione. Questa gioia e questa bellezza sono molto piu’ efficaci dell’imbecillita’ crudele di chi commette atti come quelli di Lampedusa, o chi non li commette (per non sporcarsi le mani…) ma li giustifica e li presuppone come conseguenza nei loro discorsi farneticanti, siano essi politici, sociologi, uomini di Chiesa, o quant’altro.
Per la cronaca: sta nascendo, in Italia, un “comitato per Korogocho” (e’ ancora un nome provvisorio) che  vorrebbe provare a proporre iniziative per la comunita’ italiana e quella di Korogocho, e coordinare il grande movimento che in questi anni si e’ creato attorno a questo nome: “Korogocho”. E’ un tentativo di andare oltre la semplice raccolta di fondi per i nostri progetti (di cui, comunque, continuiamo ad avere assoluto bisogno), ma di provare a mettere in rete la “comunita’ italiana” (questo movimento di amici e amiche di Korogocho, chi c’e’ stato e chi ci andra’, e anche chi non potra’ probabilmente mai andarci…) e la “comunita’ di Korogocho”. Un tentativo di creare uno scambio tra le due realta’ per arricchirsi reciprocamente. L’Italia ha ancora tantissimo da dare, ha pure tanto da ricevere; e anche Korogocho sta crescendo nella consapevolezza che e’ finito il tempo di continuare a ricevere e dire grazie, ma deve imparare a proporre positivamente il suo cammino di comunita’, di lotta, di speranza. Anche in questo progetto ci fidiamo, senza sapere come sara’, senza capire tutto subito. Ci fidiamo di Dio-con-noi e di noi stessi, della sua creativita’ e della nostra, della sua tenerezza e della nostra. Queste sono le uniche armi che abbiamo: l’ingiustizia incredibile di questo nostro mondo la denunciamo con il bene – poco o tanto che sia, non ha importanza – che decidiamo di fare; mettiamo il razzista con le spalle al muro attraverso il nostro aprirci a tutti; sconfessiamo il politico corrotto e piccino con la grandezza della nostra visione e l’invincibilita’ della nostra gioia.
Grazie di cuore a chi si e’ buttato a capofitto in questo progetto, ambizioso ma possibile. Grazie a tutti. Buon Natale!