Carabayllo, agosto 2016.

Carabayllo, agosto 2016.
Polvere, cani, cielo grigio, moto taxi, occhi bassi. La periferia nord di Lima sarebbe un deserto se non fosse per i colori e i vestiti della gente che si muove. Scesi dall’aeroporto ci mettiamo un’ora ad arrivare al vescovado, e un’altra per la missione.  E’ inverno, le temperature per noi sono miti, ma per la gente di qui vuol dire mettersi una felpa, se c’è! Gli incontri tuttavia sono tutt’altro che freddi. Gli abbracci che ad ogni incontro scambiamo coi volontari della parrocchia e con gli amici delle comunità cristiane che visitiamo nelle varie cappelle dicono con semplicità  tanta attenzione, affetto, cura che scopriremo in molte altre occasioni.
C’è dell’altro? Credo proprio di sì! credo proprio che ci sarà molto da scavare per capire fino in fondo il dono che Dio ha seminato in questa terra e che solo la pazienza del contadino saprà far crescere. Mani, cuore e testa prestate a questa terra, prestate a questa gente adesso sono anche quelli di Savio, Roberto, Ivan e Camilla, insieme alla chiesa locale che cammina nel suo viaggio verso l’autonomia.
Pur avendo sguardo attento o orecchie aperte non è stato così semplice in dieci giorni a capire qualcosa. È stato piuttosto un assaggio, per farsi una prima idea e intuire di cosa c’è più bisogno e come aiutare i nostri missionari fidei donum.

Don Roberto e Don Ivan hanno completato i lavori alla casa parrocchiale secondo gli accordi con la diocesi di Carabayllo. È una struttura ampia e capiente, che vede al secondo piano l’appartamento dei preti e qualche camera per accogliere altri visitatori. Inoltre è stato realizzato un grande salone che viene usato per diversi incontri formativi: giovani, fidanzati… Al piano terra i locali precedenti sono stati riadattati per ospitare attività più specifiche: oltre alla segreteria parrocchiale anche la Caritas, nuovo ambiente per i laboratori e una piccola sala per una consultazione di tipo sanitario utilizzata da Camilla, una saletta dove  un gruppo di giovani ha confezionato 3000 croci per la nostra diocesi.

Don Savio si è sistemato in una casa della Parrocchia di Puente Piedra. Vive con altri due preti con sala da pranzo comune e si occupa di un settore della parrocchia che sale su per le colline sassose, che nell’ultimo anno ha raddoppiato la presenza delle baracche. La gente che invade il posto alla ricerca di fortuna si organizza in associazioni, a volte gestite in modo poco trasparente, che si preoccupano di strappare al comune una strada, una scala di cemento per salire a casa, la corrente, una riserva d’acqua che spesso viene portata su con l’autobotte: “Finchè c’è da lottare per fare qualcosa insieme, la gente è anche solidale – dice don Savio – poi quando starà un po’ meglio, ognuno per sé. Io cerco di conoscere, di far partire un gruppo, la preghiera, la catechesi familiare e poi di farli riflettere sul senso di essere uniti, di aiutarsi!”
Dalla cima delle colline si vede l’oceano, ma quello che fa più impressione e sembra più grande è la vallata sterminata di baracche che non finisce mai… all’infinito.

Oggi, come già raccontato sulle pagine del Settimanale, Robi e Ivan sono in due parrocchie diverse, Roberto a San Pedro e Ivan a Fatima, con due vicari peruani che li aiutano. Il vescovo ha chiesto questo sforzo in più. Insieme hanno accettato. Le fatiche non mancano, anche se mantengono l’incontro settimanale, la meditazione, l’incontro con i preti del vicariato. Chiedo personalmente a ciascuno: Robi sei contento? Ivan sei contento? Allora si accende un sorriso sincero, e dietro le occhiaie gli occhi brillano. Mi sembra che nel loro cuore sia ben custodito il gusto di questo servizio, che in realtà mi appare sempre più come un incontro misterioso con il Signore. Egli sempre precede e si accompagna in ogni persona, dietro ogni ferita, nelle rughe di ogni volto e negli inciampi di ogni fratello, nell’impegno che hanno incontrato.
Ivan da un paio di mesi ha lasciato le comunità e i gruppi che seguiva e ha ricominciato. Robi è di colpo diventato parroco e anche lui deve veder più da solo come muoversi. Insomma 160mila abitanti in quattro. Se qualcuno vuol farci un pensiero!

Qualche episodio che ho vissuto con loro a volte si sovrappone alla vita quotidiana delle nostre comunità italiane.

Un pomeriggio incontriamo il consiglio pastorale parrocchiale composto da tutti i rappresentanti delle varie zone. Ci troviamo in una di queste, che a turno ospitano l’incontro, a mezz’ora di macchina sulle strade sconnesse di San Pedro. E’ Armando, catechista e responsabile sposato, che a un certo punto tiene la meditazione sul tema del mese indicato dal vescovo Lino: si celebrerà la festa dell’Assunta quindi “Donna, tenerezza e fortezza!”. No alla violenza sulle donne.
Poi si passano i vari punti all’ordine del giorno, la verifica delle iniziative, la preparazione di quelle in arrivo. Naturalmente il buon Roberto non manca di metterci una battuta! Il clima è disteso, tutti si sentono liberi di intervenire. Non manca il momento per tirare le orecchie: non sono arrivate le relazioni economiche di alcune cappelle. Parte l’esame di coscienza e il richiamo reciproco alla responsabilità. Ciascuno gestisce la questua e le spese ordinarie, ma poi occorre condividere la gestione. Si decide per la linea dura.

Un altro giorno don Roberto ci fa incontrare il gruppo della pastorale della salute animato da Mila, educatrice sostenuta dalla nostra diocesi. Si stanno organizzando nel raccogliere gli anziani delle varie cappelle per una festa unitaria che si svolgerà proprio durante la nostra presenza. Saranno 160 circa gli anziani che partecipano. Non solo sono invitati e accompagnati personalmente dai vari responsabili ma durante la festa si dividono in gruppi e presentano varie animazioni, canti, balli, racconti. I vecchietti si lanciano, e con loro a sorpresa anche il nostro cancelliere don Fausto.
E’ una esperienza che ormai si ripete annualmente e comincia a fare comunità, a dare un segno di vicinanza. I giovani preparano da settimane una danza tradizionale che offrono agli anziani.

Celebriamo la S.Messa in diverse cappelle: c’è da girare parecchio con il fuoristrada, poi il battesimo in parrocchia. Nonostante la povertà e la semplicità, non mancano mai canti a cui tutti partecipano anche con il corpo, battendo le mani! Non mancano mai lettori, animatori, e chi riceve la responsabilità di dare gli avvisi. A volte il responsabile si avvicina discretamente a fine Messa, per informare i don su qualche situazione particolare di una persona malata o in difficoltà o che richiede assistenza.

Una sera prima della celebrazione arriva una telefonata: un vecchietto già ammalato si è aggravato. Mentre Robi presiede, tutti pregano per lui. Camilla e Mila accorrono, portano Luis all’ospedale pubblico. Dovranno aspettare, insistere con i medici per avere gli esami adeguati, perché non venga dimesso senza opportuni accertamenti. Anche don Robi a notte inoltrata li raggiunge, non torneranno che al mattino. Stare con lui era l’unico modo per farsi ascoltare… ci spiegano!

Camilla lavora da sei mesi nel policlinico di Fatima. E’ della parrocchia ora assegnata a don Ivan. E’ Lui che negli ultimi mesi ha dovuto occuparsi della gestione economica della struttura che offre, a un prezzo modico, l’assistenza sanitaria essenziale. La passione e l’attenzione da parte degli operatori però naturalmente è impagabile. Camilla è ostetrica e si è buttata con tutta se stessa in questa avventura. Sta crescendo professionalmente e umanamente, mi racconta. Inoltre offre consulenza gratuita in parrocchia di San Pedro.

Qualche giorno dopo la famiglia di Anna e Cristiano di Sondrio, con Padre Fabio Sem, della Valmalenco, mi accompagnano fino a Chacas, dagli amici dell’Operazione Mato Grosso. Si viaggia di notte in bus comodissimi. Quando sei sulle Ande il cielo è azzurrissimo, i colori sembrano infiammati da dentro.
La jeep va di fretta, tra le numerose opere che il carisma di padre Ugo De Censi e la generosità di tanti, hanno costruito quassù. La generosità della vita e dello stile dell’OMG sembra risplendere nella bellezza dei manufatti di tanti intagliatori, di artigiani e artisti che imparano negli atelier e nelle cooperative. Adesso le loro opere sono un po’ ovunque nel paese, nei portali, sui terrazzini. Poi visitiamo l’ospedale, gli asili, il centro di Pomallucay, che ospita persone disabili e terminali. Allora sono gli occhi di Erika e la sua voce pacata, che si commuove nel raccontare come un fiume in piena una scintilla di vita, quella  che da 15 anni dedica ai suoi amici di qui. Il pensiero va a don Daniele e Giulio Rocca, che hanno regalato la vita quassù!

L’ultima foto che scattiamo è in casa, a fine pranzo, col vescovo Lino, i missionari, e la famiglia di Mode, che aiuta i nostri nelle faccende domestiche a san Pedro. Siamo vicini, ma pronti a partire ciascuno dove il Signore chiama.
Abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere approfondite sulla situazione della diocesi e dei nostri missionari con Mons Lino, e con il nostro vicario generale don Giuliano, che ci ha assistito passo passo. Ci è sembrato che il vescovo sia consapevole dello sforzo che ha chiesto ai nostri preti e che sia loro vicino anche nella fatica e nell’affrontare i futuri ostacoli.

Mentre l’aereo torna, risuona in me la domanda: cosa possiamo fare noi dall’Italia?
La soluzione non è qualcosa ma Qualcuno – mi viene da ricordare. Perché no: vivere il momento presente che ci è dato, fino in fondo, senza sconti; vivere il vangelo qui ed ora! Noi qui, i fratelli in Perù. E’ Cristo risorto che ci unisce e ci guida!
Poi potremmo anche scambiarci qualcosa, no? Sei pronto a ricevere? Sei pronto a dare?
Almeno ogni tanto manda un messaggio ai nostri in Perù, e racconta cosa fai tu!

buona missione.  don Fabio